Dalle cantine limitrofe alla grande autorimessa di larco Jacovitti, al Torrino, divorata dalle fiamme il 31 dicembre scorso, spunta fuori una centrale per coniare Bitcoin allacciata abusivamente alla rete elettrica pubblica. Tre persone, gli affittuari vecchi e nuovi dei locali, una coppia di 63 e 61 anni e un giovane 28enne di Ciampino, sono state denunciate ora dai carabinieri. I residenti lo sospettavano da tempo. Per mesi avevano sentito uno strano e continuo fruscio poi interrotto improvvisamente dopo il maxi-rogo che aveva inghiottito anche il solaio dello slargo soprastante. Le fiamme e il tonfo: i vigili del fuoco erano stati impegnati per lunghe ore e duramente prima di riuscire a spegnere l’incendio. Uno di loro era rimasto ferito e gli abitanti del palazzo prospiciente erano stati costretti a lasciare le abitazioni per precauzione prima di avere il nullaosta a rientrare. Insomma un Capodanno da incubo.
LA RETE
Bene il 2024 non era, dunque, iniziato nemmeno per chi da almeno il 2019 (stando a quanto ricostruito dai militari della stazione di Vitinia competente per la zona e della Compagnia di Ostia) aveva deciso di investire tempo e risorse (a spese dei romani tutti) nella creazione di criptovalute.
I PROCESSORI
Il “mining” è un’attività ad alta intensità energetica che viene anche criticata per il suo impatto negativo sull'ambiente. Il valore di un Bitcoin oscilla sui 60mila euro. Ma per crearne uno servono grandi investimenti. Motivo per cui, generalmente, le operazioni di mining avvengono in Paesi come la Russia o il Kazakistan, dove l’energia costa molto meno. In Iran, per esempio, l’attività è vietata. Il materiale informativo trovato nelle cantine del Torrino è stato sequestrato. I tecnici di Areti intervenuti nei giorni successivi al rogo per ripristinare l’alimentazione elettrica si erano resi conto dell’esistenza di allacci irregolari, di lì la segnalazione ai carabinieri.
Il dubbio è se possano essere stati gli allacci abusivi, generando un sovraccarico a catena, a potere innescare la scintilla dell’incendio di fine anno. Circostanza per cui non sono emerse, tuttavia, evidenze. L’area di circa tremila mq, infatti, avrebbe dovuto costituire un’autorimessa per le attività commerciali sovrastanti, invece, vi erano state accantonate grandi quantità di rifiuti facilmente infiammabili.