Ferdinando Adornato
Ferdinando Adornato

Sinner-Fedez, la diversità degli italiani

di Ferdinando Adornato
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Domenica 19 Maggio 2024, 00:20

Ci sono due giovani italiani che, negli ultimi tempi, hanno catturato per diversi motivi, l’attenzione dell’intera opinione pubblica. Uno ha 34 anni e di professione fa il rapper. L’altro ne ha 22 e fa il tennista. Entrambi, come succede ai protagonisti dello spettacolo e dello sport, sono inevitabilmente diventati dei “modelli di riferimento”. In specie per i più giovani. Modelli però alternativi: perché Federico Lucia in arte Fedez e Jannik Sinner non potrebbero essere più diversi tra loro. Per stili e filosofia di vita, comportamenti pubblici, linguaggio, look (a partire dai tatuaggi). Si tratta, in effetti, di due “tipi di italiani” quasi opposti. In una nazione nella quale il “carattere” del suo popolo è, fin dal Risorgimento, oggetto di studio e di controversie, ed è stato spesso individuato come una delle principali cause di molte delle sfortunate vicende della nostra storia, vale allora la pena di ragionare sull’”esempio” offerto al Paese da questi due suoi giovani protagonisti.

Tra Fedez e Sinner il “bipolarismo caratteriale” non potrebbe essere più evidente. Se il primo canta, in maniera autobiografica, “a 14 anni ti rigavo la Porsche, invece adesso ho una Lamborghini nel box”, il secondo al contrario confessa: “ora ho una bella macchina, ma non pensate a una Ferrari o a una Lamborghini”. Se il primo è indagato per una rissa in discoteca, nel contesto di lunghe notti in bianco, il secondo non si vergogna ad ammettere di non essere “mai stato in discoteca” perché non gli piace “andare a letto tardi”. E, infine, se il rapper di Milano si atteggia a re dei “social” e canta “come tutti quelli che hanno la mia stessa età, sono in cerca di un wi-fi non della felicità” il campione di San Candido risponde con un potente dritto: “ci sono sui social, però mi sembra un mondo un po’ finto”, “io cerco di usare il cellulare il meno possibile”.

Federico e Jannik sono entrambi italiani, anzi entrambi del Nord. Ma, diciamo la verità, il loro carattere sembra figlio di nazionalità diverse. In realtà il “tipo Fedez” (che probabilmente oggi è prevalente) corrisponde, più o meno precisamente, agli stereotipi più classici maturati attorno al carattere degli italiani: inaffidabili, vagamente anarchici, levantini, cinici, attaccabrighe, facili a menar le mani, corrotti o, comunque, moralmente disinvolti. “Io so che anche un ideale ha un prezzo ideale” canta Fedez. In definitiva, si tratta dei medesimi profili mentali e morali che fecero diventare i personaggi delle commedie di Alberto Sordi una sorta di “autobiografia della nazione”. Ivi compresi l’opportunismo e la predisposizione al trasformismo che, in epoca diversa, e con maggiore nobiltà letteraria, portarono Tomasi di Lampedusa a descrivere la filosofia di vita del Gattopardo.

In questo quadro uno dei più contestati difetti italiani è la nostra tendenza allo scaricabarile, il tentativo in ogni frangente di dar sempre “la colpa agli altri” senza mai assumerci le nostre responsabilità e coltivando, nel contempo, la tendenza a “piangersi addosso” . Difetti che possono essere tornati alla mente ascoltando le prime parole di difesa di Fedez rispetto alle indagini sulla rissa milanese. E che denotano un qual certo arrogante “complesso di superiorità” rispetto agli altri e al resto del mondo. Al contrario Sinner propone comportamenti del tutto opposti: “Io tratto tutte le persone allo stesso modo, il numero uno del mondo, come chi pulisce gli spogliatoi”. Non a caso Fedez si vanta di stare sempre dalla parte dei diritti. Sinner tiene, invece, a sottolineare come egli abbia maturato, spinto dai suoi genitori, un fortissimo “senso del dovere”. In buona sostanza Sinner non sembra provenire dal Paese di Alberto Sordi, del Gattopardo e di Pulcinella. Sembra piuttosto figlio della cultura protestante mitteleuropea, che ha come stelle polari il lavoro e il dovere. E depreca l’italica “arte di arrangiarsi”. O, se si vuole cercare nella nostra letteratura, potrebbe essere considerato il discendente di quella operosa semplicità che Manzoni attribuisce a Renzo Tramaglino. La parola chiave di questa cultura è trovare le vie per coltivare il talento. Di ciascuno e di tutti. Intendiamoci: anche il “tipo Fedez” è ricco di talento e la sua carriera dimostra come sia possibile emanciparsi dalla “vita di strada”(salvo poi rischiare ogni giorno di ripiombarci). Ma anche su questo Sinner propone parole chiare: “di per sé il talento non esiste, bisogna guadagnarselo, solamente se lavori arrivi più in alto. Quello che lavora, che suda che fatica: ecco chi ha talento”. E se Federico, in una sorta di disperata richiesta d’aiuto canta: “tutti mi dicono dimostra quanto vali, mentre io getto la mia autostima in pasto ai maiali”, Jannik ribatte: “Il mio obiettivo è diventare la migliore versione di me stesso”.

Talento, autostima, costante spinta a migliorare se stessi, amore per la responsabilità e per il dovere. In una nazione che raramente è stata capace di premiare il merito (e che ha spesso difettato di fede nelle proprie forze) non sono forse queste le qualità di cui avremmo bisogno? Qualità che, unite al nostro riconosciuto genio (made in Italy, appunto) ci farebbero fare un enorme balzo in avanti. Ecco, il “tipo Sinner” indica agli italiani una strada nuova. Se il suo carattere riuscisse davvero a contagiare il Paese, il futuro forse tornerebbe a sorriderci. “Gli italiani –diceva Massimo D’Azeglio – pensano a riformare l’Italia, ma nessuno si accorge che, per riuscirci, bisogna prima che si riformino loro”.

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