Ci sono due giovani italiani che, negli ultimi tempi, hanno catturato per diversi motivi, l’attenzione dell’intera opinione pubblica. Uno ha 34 anni e di professione fa il rapper. L’altro ne ha 22 e fa il tennista. Entrambi, come succede ai protagonisti dello spettacolo e dello sport, sono inevitabilmente diventati dei “modelli di riferimento”. In specie per i più giovani. Modelli però alternativi: perché Federico Lucia in arte Fedez e Jannik Sinner non potrebbero essere più diversi tra loro. Per stili e filosofia di vita, comportamenti pubblici, linguaggio, look (a partire dai tatuaggi). Si tratta, in effetti, di due “tipi di italiani” quasi opposti. In una nazione nella quale il “carattere” del suo popolo è, fin dal Risorgimento, oggetto di studio e di controversie, ed è stato spesso individuato come una delle principali cause di molte delle sfortunate vicende della nostra storia, vale allora la pena di ragionare sull’”esempio” offerto al Paese da questi due suoi giovani protagonisti.
Tra Fedez e Sinner il “bipolarismo caratteriale” non potrebbe essere più evidente. Se il primo canta, in maniera autobiografica, “a 14 anni ti rigavo la Porsche, invece adesso ho una Lamborghini nel box”, il secondo al contrario confessa: “ora ho una bella macchina, ma non pensate a una Ferrari o a una Lamborghini”. Se il primo è indagato per una rissa in discoteca, nel contesto di lunghe notti in bianco, il secondo non si vergogna ad ammettere di non essere “mai stato in discoteca” perché non gli piace “andare a letto tardi”. E, infine, se il rapper di Milano si atteggia a re dei “social” e canta “come tutti quelli che hanno la mia stessa età, sono in cerca di un wi-fi non della felicità” il campione di San Candido risponde con un potente dritto: “ci sono sui social, però mi sembra un mondo un po’ finto”, “io cerco di usare il cellulare il meno possibile”.
Federico e Jannik sono entrambi italiani, anzi entrambi del Nord. Ma, diciamo la verità, il loro carattere sembra figlio di nazionalità diverse. In realtà il “tipo Fedez” (che probabilmente oggi è prevalente) corrisponde, più o meno precisamente, agli stereotipi più classici maturati attorno al carattere degli italiani: inaffidabili, vagamente anarchici, levantini, cinici, attaccabrighe, facili a menar le mani, corrotti o, comunque, moralmente disinvolti. “Io so che anche un ideale ha un prezzo ideale” canta Fedez. In definitiva, si tratta dei medesimi profili mentali e morali che fecero diventare i personaggi delle commedie di Alberto Sordi una sorta di “autobiografia della nazione”. Ivi compresi l’opportunismo e la predisposizione al trasformismo che, in epoca diversa, e con maggiore nobiltà letteraria, portarono Tomasi di Lampedusa a descrivere la filosofia di vita del Gattopardo.
Talento, autostima, costante spinta a migliorare se stessi, amore per la responsabilità e per il dovere. In una nazione che raramente è stata capace di premiare il merito (e che ha spesso difettato di fede nelle proprie forze) non sono forse queste le qualità di cui avremmo bisogno? Qualità che, unite al nostro riconosciuto genio (made in Italy, appunto) ci farebbero fare un enorme balzo in avanti. Ecco, il “tipo Sinner” indica agli italiani una strada nuova. Se il suo carattere riuscisse davvero a contagiare il Paese, il futuro forse tornerebbe a sorriderci. “Gli italiani –diceva Massimo D’Azeglio – pensano a riformare l’Italia, ma nessuno si accorge che, per riuscirci, bisogna prima che si riformino loro”.