Ha paura, comprensibilmente, Davide Pecorelli. «Otto anni di carcere in Albania? Sono terrorizzato soltanto all’idea». Otto anni di reclusione, infatti, è la richiesta di condanna avanzata dalla Procura di Puke nei confronti dell’imprenditore tifernate che il 6 gennaio 2021 si è finto morto carbonizzato in un’auto per poi montare su un gommone a cercare un inesistente tesoro di monete al largo dell’Isola di Montecristo. Pecorelli viene ritenuto responsabile dei reati di truffa, vilipendio delle tombe, azioni che impediscono la scoperta della verità, distruzione della proprietà mediante incendio e attraversamento illecito del confine. Dopo la dura requisitoria del pubblico ministero - chiesti otto anni, che sarebbero stati 12 se non avesse scelto di essere giudicato con rito abbreviato - il suo avvocato albanese ha chiesto per lui il proscioglimento dall’accusa più grave ossia quella legata alla truffa aggravata. «Confido nel giudice, questo sì, la truffa è inesistente e nel nostro ordinamento non sarebbe nemmeno contemplata - spiega il 49enne, raggiunto telefonicamente -. Non sono un assassino, ho sbagliato e pagherò per i miei errori, come ho fatto tante altre volte nella mia vita, ma una condanna così pesante non la ritengo oggettivamente giusta. Ho paura del carcere, non ci sono mai stato, hanno chiesto di condannarmi a otto anni di galera in Albania… ma io non sono un criminale e tremo soltanto al pensiero».
Secondo quanto si apprende il proscioglimento per l’accusa di truffa è stato motivato sulla base dell’insussistenza del reato.