Non è ancora un allarme, quello che suona al Viminale. Ma l’allerta, tra chi si occupa di ordine pubblico, è massima. Perché non è un mistero che da alcuni mesi a questa parte il clima nel Paese, complici le tensioni internazionali, è sempre più arroventato. E gli scontri di ieri mattina a Roma sono solo l’ultimo episodio. Le tensioni sono esplose quando il corteo di studenti partito da piazzale degli Eroi, nel cuore della Capitale a due passi dal Vaticano, ha cercato di deviare su via della Conciliazione. Obiettivo della protesta: gli Stati generali della natalità, dov’era ospite Papa Francesco. Già finiti nel mirino ventiquattr’ore prima con le contestazioni alla ministra della Famiglia Eugenia Roccella, costretta dalle urla dei manifestanti in sala a rinunciare all’intervento sul palco.
Al centro delle proteste però c’era pure il programma del titolare della Scuola Giuseppe Valditara “educare alle relazioni”, che è stato bruciato dalle «transfemministe» in marcia.
EQUILIBRIO
È la linea «di equilibrio» che seppur non senza fatica si lavora per mantenere al Viminale. Ovvero: nessuna «stretta» in vista su cortei e manifestazioni, nessuna limitazione alla libertà di manifestare il dissenso (che del resto rischierebbe di essere difficilmente compatibile con i principi garantiti dalla Costituzione). Ma, allo stesso tempo, un’attenzione ai massimi livelli sugli eventi di ordine pubblico. Specie in giornate ad alto contenuto simbolico. È il caso di quanto avvenuto il 25 aprile, con gli scontri alle manifestazioni di Torino e Roma, dove la comunità ebraica è stata bersaglio di un’aggressione degli antagonisti. Lo stesso copione violento che si sta lavorando per evitare il 2 giugno. Una festa della Repubblica che si annuncia più divisiva del solito, e quindi potenzialmente più carica di tensioni, anche per quella piazza contro le riforme del governo chiamata dal Pd.
Per il momento, è la precisazione, non si hanno segnali di iniziative violente in preparazione. «Nessun allarmismo», è il mantra, «ma allerta ai massimi». È così dal 7 ottobre, il giorno in cui Hamas ha dato inizio al conflitto a Gaza. Ma nelle ultime settimane il clima si è surriscaldato molto. Nelle piazze e negli atenei. In qualche caso, fino a sfiorare il livello di guardia.
È anche per questo che la ministra dell’Università, Annamaria Bernini, già nei giorni scorsi ha chiesto a Piantedosi un vertice per fare il punto sulla “primavera calda” degli studenti. Capire la situazione, è l’obiettivo, e prevenire ulteriori focolai di possibile tensione. Sfociati, solo due giorni fa, in un allarme bomba alla facoltà di sociologia della Sapienza, poi rientrato. Prima c’erano state le contestazioni nei rettorati: gli insulti a Genova, l’occupazione – di nuovo – alla Sapienza, al grido di «basta complicità con Israele». E poi le diverse occasioni di giornalisti a cui è stato impedito di parlare: Maurizio Molinari alla Federico II di Napoli, David Parenzo ancora una volta alla Sapienza.
IL VERTICE
Il vertice, dunque, si farà: dopodomani, nell’ambito del Comitato nazionale di ordine e sicurezza convocato regolarmente al Viminale. In quell’occasione, il ministero dell’Università aveva invitato anche la presidente della Crui, l’assemblea dei Rettori italiani, Giovanna Iannantuoni. Che però ha fatto sapere che non ci sarà, ma manderà un delegato. Risposta che tra chi segue il dossier in ambienti governativi ha fatto alzare più di un sopracciglio: sia perché il confronto era stato chiesto «settimane fa», sia perché il momento viene visto come particolarmente delicato, e dunque si chiede uno sforzo a tutte le parti coinvolte. Intanto sulle contestazioni interviene pure il titolare dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che all’ultimo aveva rinunciato a partecipare agli Stati generali proprio per evitare occasioni di tensione: «Volevano impedire di parlare a un assente – osserva – quando si impedisce la libertà di parola si è davanti ad atteggiamenti molto preoccupanti che richiamano tempi bui del passato».