Traffico illecito di rifiuti: cambiavano i codici “Cer” e aggiravano i controlli

Rifiuti arresti tra Frosinone e Latina operazione tra Latina e Frosinone
di Giovanni Del Giaccio
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Martedì 21 Maggio 2024, 06:00

Si cambiava un codice e il gioco era fatto. Secondo l’inchiesta gli associati avevano messo a punto un sistema che consisteva nel cambiare il codice identificativo (Cer) del rifiuti Nello specifico questi ultimi venivano riclassificati in rifiuti speciali senza subire alcun trattamento che ne potesse modificare realmente le caratteristiche e la composizione ( soprattutto senza la stabilizzazione della frazione organica ). In questo modo le scorie venivano rese smaltibili anche fuori la Regione di provenienza Una volta inserito il codice “191204” che significava scarto di lavorazione di plastica e gomma il gioco era fatto . I rifiuti che invece riportano il codice Cer 191912 sono molto difficili da gestire ed hanno un costo elevato. Tale comportamento illecito avrebbe permesso di garantire non soltanto alla società che conferiva ma anche agli intermediari ed allo stesso ricevente ingenti profitti. In definitiva i rifiuti provenienti dalla Campania, invece di qualificarsi urbani nonostante il cambio del codice identificativo transitavano con semplici operazioni di stoccaggio e senza alcun trattamento presso l’impianto di Frosinone cercando di far perdere le tracce. Successivamente le scorie venivano trasferite a Cisterna di Latina e da qui come scarti di lavorazione a Colleferro per poi finire in diverse parti d’Italia.

È anche per questo motivo che sono scattate le misure relative alle società sotto accusa per gli illeciti amministrativi.

La Mecoris di Frosinone, fra l’altro, nel frattempo è stata dichiarata fallita.

L’incendio, fra l’altro, secondo la ricostruzione dell’accusa, non aveva bloccato l’attività del sodalizio che si era semplicemente “spostato” continuando a svolgere le medesime attività ma sempre con i piedi ben saldi in Ciociaria e in provincia di Latina.

Un intero capitolo dell’indagine è relativo proprio alla Mecoris - acronimo di Medical ecologia rifiuti speciali - e al ruolo di Marcello Perfili che gestiva, di fatto, anche altre aziende del settore intestate formalmente ad alcuni degli indagati nel procedimento avviato dalla direzione distrettuale antimafia.

LO STOCCAGGIO

Con il sistema dei codici modificati dall’1 gennaio del 2019 al 23 giugno, giorno dell’incendio, sono transitati per l’impianto di Frosinone rifiuti che secondo l’accusa non erano accompagnati da analisi e rapporti di prova, indispensabili per il conferimento. In totale si tratta di oltre 7.000 tonnellate, provenienti per il 97% da aziende della Campania, per poco più del 2% dal Lazio e per poco meno dell’1% dalla Puglia.

Un altro filone dell’indagine riguarda, poi, la Ital Green che risulta sempre di Marcello Perfili che formalmente ne risulta dipendente ma di fatto ne é proprietario e amministratore.

Anche in questo caso le attività riguardavano l’illecito stoccaggio dei rifiuti, ma anche i pagamenti attraverso ricariche di Postapay a dipendenti fittizi per utilizzare i proventi del traffico in modo “pulito”.

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