Massimo Adinolfi

L'editoriale/ ll Colle e la lezione che parla di rispetto

di Massimo Adinolfi
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Venerdì 17 Maggio 2024, 01:14

Che cos’è un’università? Un’istituzione che ha parecchi secoli di storia, e che ovviamente non è rimasta, nei secoli, uguale a se stessa. Ma quale idea l’ispira, a quali principi è informata? Ieri, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha tenuto un breve discorso in occasione dell’XI edizione della Giornata del Laureato, e qualcosa ha voluto ricordarla. Gliene ha dato motivo la lettera indirizzatagli dagli studenti: da che parte stai, Presidente, dalla nostra parte, dalla parte di chi manifesta per la Palestina libera e contro l’occupazione israeliana, o dalla parte dell’esercito di Gerusalemme, che conduce da mesi cruenti operazioni militari nella martoriata Striscia di Gaza?

Mattarella ha risposto. Ha cominciato ringraziando per l’invito ad essere presente alla cerimonia ma ha subito inserito una pausa di riflessione – breve, ma distintamente percepibile – perché si avvertisse il senso di una presenza niente affatto rituale, o di circostanza. Le parole sono così arrivate alla platea con tutta la chiarezza e la fermezza necessaria. Pacate, com’è nello stile del Presidente, ma inequivocabili.

Mattarella ha dapprima ricordato di essersi già pronunciato in occasioni ufficiali: all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite così come nel messaggio augurale inviato al presidente dello Stato di Israele, pochi giorni fa. In entrambe le circostanze ha reiterato la richiesta di un immediato cessate il fuoco. Ma ha poi aggiunto – ancora una pausa, per scandire bene le parole – che il rispetto dei diritti fondamentali, il rispetto della dignità delle persone vale per tutti, non per una parte soltanto: «Per la nostra Repubblica, tutte le violazioni dei diritti umani vanno denunciate e contrastate. Tutte, ovunque, sempre». Difficile essere più perentori. Difficile dare a simili parole un’intonazione più netta di quella che ieri hanno ricevuto. Difficile non avvertire, in queste parole, una lezione che viene direttamente dalla nostra carta costituzionale: i diritti hanno un unico possibile fondamento, nel reciproco rispetto, nell’eguale riconoscimento. Né esiste vera pace se non come convivenza regolata giuridicamente, in un quadro di libertà e di eguaglianza che solo la democrazia assicura. In questa cornice sta il diritto di Israele a vivere in sicurezza esattamente come vi sta il diritto del popolo palestinese a riconoscersi in uno Stato indipendente. Non solo l’uno, non solo l’altro. Due popoli, due Stati: può darsi che questa soluzione sia lontana, che anzi sia più lontana che mai, ma resta attualmente l’unica soluzione ispirata ai principi del diritto e della democrazia.

 Ma il Presidente ha voluto dire ancora qualcosa. Perché parlava in un’università, e perché gli studenti – non solo a Roma, ma anche nelle altre università che sono state teatro di proteste e occupazioni – spingono per il boicottaggio degli atenei israeliani. Cos’è però un’università? Ecco la domanda, che forse gli studenti avrebbero dovuto porre, e porsi: cosa significa studio, ricerca, sapere? C’è solo una parola, in realtà, che lo dice: università è universalità senza condizioni. Al di sopra di confini, al di là degli Stati. Non si vive in un’università senza far parte di una comunità più ampia della comunità nazionale, che abbraccia almeno idealmente «ogni parte del mondo». Le richieste degli studenti di rigettare gli accordi già conclusi e di interrompere ogni contatto con gli atenei israeliani contraddicono il senso stesso della vita accademica, dell’istituzione universitaria. Che contiene critica, disaccordo, inquietudine, dissenso: la più estesa libertà di interrogazione e di messa in questione, insomma, ma proprio per questo anche la più ampia e incondizionata ospitalità. Oltre ogni appartenenza, oltre i vincoli aprioristici della militanza.

 Si può discutere, naturalmente, se siano queste le condizioni in cui oggi si svolge la formazione universitaria - che cos’è diventata, cosa dovrebbe essere e cosa invece essa è – ma non la si può frequentare se non aprendosi al mondo. Senza rinchiudersi nelle torri d’avorio, ma anche senza erigere steccati e costruire barriere.

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