Sartori, l'uomo dei miracoli: con lui Chievo, Atalanta e Bologna in Champions

Sartori, l'uomo dei miracoli: con lui Chievo, Atalanta e Bologna in Champions
di Alessandro Angeloni
4 Minuti di Lettura
Martedì 14 Maggio 2024, 06:52

Vale più Giovanni Sartori o Joshua Zirkzee? Bella lotta, il patron Joey Saputo e l’ad Claudio Fenucci sanno già cosa scegliere. Di sicuro non esisterebbe questo emozionante Bologna senza quei due lì. Diciamo che Sartori è il sarto, Zirkzee il modello. O uno dei tanti modelli. La sfilata bolognese è lunga ed è appena cominciata. Quella di Sartori parte da molto lontano. Non è stato un grande calciatore, ma il campo lo ha vissuto, erano gli anni ‘70-‘80, l’Italia era il punto di riferimento del calcio europeo. Sartori ha riempito il suo bagaglio, ha affinato l’occhio, anche da (modesto) allenatore. Oggi, forse (ma anche senza il forse), è considerato il miglior direttore sportivo italiano e, forse (ma anche senza il forse) tra i top in Europa. E’ l’uomo dei miracoli: di Chievo, Atalanta e ora Bologna. Non Milan, Juve e Inter, tanto per intenderci. Schivo, di poche parole, le sue interviste negli anni si contano sulla punta delle dita. Lui preferisce stare dietro la scrivania, non si atteggia a dirigente glamour, non ha bisogno del doppio telefono al polso, sa perfettamente che ore sono in Argentina e se c’è una partita apparentemente insignificante da controllare.

NO SOCIAL, NO WHATSAPP

Ha scelto di essere normale che, come diceva Lucio Dalla, bolognese doc, è impresa eccezionale. L’unica, oggi. Non è uno social, non comunica con WhatsApp. Non ha bisogno di mettere il faccione davanti a una telecamera per ricevere complimenti e applausi. Scava nell’ombra, e trova sempre qualcosa. Nato a Lodi, il 31 marzo del 1957, è uno degli ultimi dirigenti vecchia maniera, un po’ Corvino, un po’ Perinetti. Non è uno da algoritmi, tanto cari da queste parti: vede dal vivo un centinaio di partite all’anno, perché il talento va annusato, vissuto, accompagnato, pagato, possibilmente poco, e poi venduto, possibilmente a tanto (un paio di esempi: Kulusevski, comprato a 200 mila euro e venduto alla Juve a quasi 45, bonus compresi, o più indietro ancora Kessie da 1,5 a 30). Fa ricche le società e le porta a toccare vette mai raggiunte.

CENTO PARTITE

Il miracolo Chievo porta la sua firma. A Verona da 1992, per intuizione di Luigi Campedelli, il papà di Luca. La squadra è in C1, e la scalata è inevitabile: serie B nel ‘94, serie A nel 2001, sei anni dopo, nel post Calciopoli, quella squadra di quartiere approda al preliminare di Champions, dopo aver raggiunto la Uefa.

Poi, il crollo e del Chievo è rimasto il marchio e una serie D da cui ripartire: lui andò via nel 2014. E ciò che ha lasciato resta indelebile: da lui sono passati i vari Perrotta, Pellissier, Lupatelli, Corradi, Barzagli, Amauri, e ancora Manfredini, Eriberto poi Luciano. E su tutti, Gigi Delneri, la spalla ideale in quel periodo per un ds, con cui ha creato una piccola grande storia di quartiere. Come oggi Thiago Motta, come l’altro ieri Gasperini a Bergamo. L’Atalanta, appunto, la sua seconda tappa dorata. L’elenco dei nomi inventati da Sartori è lunga, quasi infinita, da Kessie a Spinazzola, da Mancini a Zapata, più Kulusevski, Koopmeiners, Gosens, Malinovskij, Gagliardini, Pessina. Otto anni in nerazzurro, sempre in una dimensione provinciale, che a lui è più congeniale, lontano dalle pressioni e dagli artigli della critica. L’Atalanta, grazie (anche) a lui si è stabilizzata in Europa e in Italia è costantemente in una dimensione medio alta. Pure a Bergamo, la vetta toccata con la Champions League (tre volte), sfiorando addirittura la semifinale nell’anno del Covid. L’ultimo miracolo si chiama Bologna, dove lavora da sole due stagioni. Arriva con la squadra nell’anonimato, un po’ dodicesima, un po’ quattordicesima. Grazie al suo collaboratore più stretto - dopo aver pianto la scomparsa di Sinisa Mihajlovic - Marco Di Vaio, viene scelto a capo di questo nuovo progetto Thiago Motta. La squadra spicca il volo e in due stagioni raggiunge uno storico piazzamento in Champions. L’ultima volta che il Bologna ha giocato tra le big d’Europa si chiamava Coppa dei Campioni, 59 anni fa. Giovanni Sartori era nato da poco. La scorsa estate, ha avuto coraggio e si è preso parecchie critiche, quando ha privato la squadra di gente come Arnautovic, Barrow, Svanberg, Schouten, Vignato, Medel, per far posto, tra gli altri, a piccole grandi scommesse come Beukema, Ndoye, Posch, Fabbian, Calafiori, Saelemaekers, al suo vecchio pallino Freuler, Odgaard. Zirkzee ha avuto modo di esplodere e mostrare tutto il suo talento, così come Ferguson. Zirkzee - pagato nemmeno dieci milioni - ora vale più di quaranta, lo vogliono l’Inter, il Milan e piace a molti club in Europa. A Sartori manca il grande salto, osserva qualcuno. Ma lui lo vuole? Sembra non essere interessato. Normalità.

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