Mockbel: «Fanella è stato ucciso per niente, era solo un ragioniere»

Mockbel: «Fanella è stato ucciso per niente, era solo un ragioniere»
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 24 Settembre 2014, 00:59 - Ultimo aggiornamento: 19:10
Ormai fa comodo a tutti che Silvio Fanella sia ricordato come “il cassiere di Mokbel”, ma questo soprannome un’invenzione pura degli investigatori e della stampa. La verità è che alcuni collaboratori nel nostro processo lo hanno definito come “il contabile” ma intendevano dire che era il classico ragioniere, e non come hanno voluto travisare i media dicendo che Fanella era colui che nascondeva il fantomatico tesoro di cui tanto si discute». Un tesoro pressoché inesistente, che si ridurrebbe solo a un piccolo mucchio di «soldi e diamantini».



A parlare del broker ucciso alla Camilluccia, in una lettera esclusiva inviata al Messaggero, è quello che per una vita è stato il suo capo, il cervello di un clan potente che per anni ha controllato politici e fatto affari con la ’ndrangheta. Gennaro Mokbel, il faccendiere italo-egiziano condannato a 15 anni per la maxi-frode da 2 miliardi di euro che ha coinvolto Fastweb e il gruppo Telecom. È un Mokbel «privato» quello che parla nella missiva, dove Silvio Fanella non è il mediatore, il tesoriere della banda, il custode del «cucuzzaro», il tesoro milionario scomparso dopo la truffa. No, l’uomo freddato nel luglio scorso a Roma nella casa dove stava scontando i domiciliari, colpito a morte da un commando di ex estremisti di destra, probabilmente intenzionati a torchiarlo per scoprire il nascondiglio del bottino occulto, sarebbe per Mokbel nientemeno che «la persona più buona, generosa, altruista che io abbia conosciuto in 54 anni». L’uomo «con il sorriso più solare che ricordi». Un’amicizia più forte delle sentenze, che hanno condannato Fanella a 9 anni per associazione a delinquere transnazionale pluriaggravata finalizzata al riciclaggio.



I DIAMANTI

L’imprenditore[italo-egiziano, con un passato all’ombra dei terroristi neri, oggi nega anche l’esistenza del tesoro nascosto dal clan, quello che sembra essere il principale movente del tentativo di sequestro finito male. Ne parla come di un’invenzione dei media: «Fanella non nascondeva nessun fantomatico tesoro - scrive Mokbel - É vero, alla sua morte sono stati trovati dei soldi e dei diamantini, ma se i media conoscessero un decimo delle carte processuali saprebbero bene che ciò che gli è stato trovato era emerso ampiamente dal dibattimento». In realtà pochi giorni dopo l’omicidio, i carabinieri del Ros insieme agli uomini della Squadra mobile trovarono in un’abitazione di Fanella in provincia di Frosinone un vero e proprio tesoro fatto di diamanti, denaro e orologi preziosi. Un bottino da diversi milioni di euro che secondo gli inquirenti sarebbe almeno parte del famigerato tesoro.



LA DIFESA

Mokbel però non ci sta a far passare il suo fido collaboratore per il tesoriere occulto della banda. Lo descrive tutt’al più come un «ragioniere» prestato al gruppo, ignaro dei traffici illegali. E si profonde in un ritratto agiografico del vecchio collaboratore: «Silvio era molto malato - scrive Mokbel - per cui conosceva la sofferenza del dolore fisico, per due anni ha devoluto gran parte dei suoi guadagni a un convento e potrei andare avanti ininterrottamente descrivendo ciò che lui faceva per il prossimo. Ma ormai a tutti fa comodo che sia ricordato come il mio cassiere».
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