Marò, l'Italia all'India: Latorre è malato, resta qui

Marò, l'Italia all'India: Latorre è malato, resta qui
di Marco Ventura
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Mercoledì 17 Dicembre 2014, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 09:41

«Una doccia gelata il no della Corte Suprema indiana. Ma Massimiliano Latorre non tornerà in India».

Si alza il tono della reazione italiana e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, evoca per la prima volta la possibilità che si dividano i destini dei due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati quell'ormai lontano 15 febbraio 2012. Il più alto organo della magistratura indiana ha respinto entrambe le richieste dei marò. Quella di Salvatore Girone, che si trova in India, di tornare in Italia per le vacanze di Natale. E quella di Latorre, che chiedeva un rinvio della scadenza del 13 gennaio fissata per il rientro dopo la convalescenza in Puglia per l'ictus che l'aveva colpito lo scorso agosto nell'Ambasciata italiana.

LE REAZIONI

«Latorre si deve curare qui in Italia, ce lo stanno dicendo i medici e non vedo quindi come possa tornare in India», ha sostenuto la Pinotti ieri a “Porta a Porta”.

La decisione dei magistrati è «incomprensibile dal punto di vista umanitario e l'Italia non può che reagire». In Parlamento oggi il premier Matteo Renzi farà il punto insieme alla Pinotti e al ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che ha parlato di «irritazione del governo». Fra i primi a intervenire, il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, si è detto «fortemente contrariato dalle notizie circa gli ultimi negativi sviluppi della vicenda». E in serata è arrivata anche una dura nota dell'alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini: la decisione della Corte Suprema indiana - si legge - «delude le aspettative per la soluzione mutualmente concordata e da lungo tempo attesa» e «può incidere sulle relazioni Ue-India e sulla lotta globale contro la pirateria in cui l'Ue è fortemente impegnata».

I RISCHI

Il punto è che se Latorre non rientrerà in India il 13 gennaio, scatterà di nuovo lo psicodramma vissuto quando il ministro degli Esteri del governo Monti, Luigi Terzi, decise di tenere in Italia i marò che avevano ottenuto un permesso “elettorale”. Decisione poi rimangiata, con tanto di dimissioni di Terzi. Ora Latorre potrebbe restare, ma a quel punto si trasformerebbe in ostaggio e probabile vittima delle ritorsioni indiane il suo sottoposto e commilitone Girone (e il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini). Si spiega così la reticenza dei familiari di Girone a parlare, mentre Paola Moschetti, compagna di Latorre, parla di «enorme ingiustizia».

All'attacco Forza Italia, con Renato Brunetta che parla di «tradimento» e dice «vergogna» a Renzi.

Per Giorgia Meloni di “Fratelli d'Italia” l'India non fa che «deriderci». Alla Pinotti che parla di decisione «grave» alla quale bisogna «dare una risposta», il leghista Gianluca Pini ricorda che «una risposta dopo l'ennesimo schiaffo dell'India è già pronta» ed è «l'ordine del giorno Pini che condiziona la partecipazione dell'Italia alle missioni anti-pirateria al rientro dei marò entro la fine dell'anno». Misura sollecitata anche da settori del mondo militare e dai Cocer. I marò erano coperti dall'immunità di funzione, si trovavano a bordo della “Enrica Lexie” in nome e per conto dell'Italia, non potevano essere arrestati, semmai processati in Italia.

LE POSIZIONI

«Una situazione paradossale», spiega il ministro Pinotti. «Dopo una serie di udienze, non c'è ancora uno specifico capo d'imputazione. C'è l'arbitrato internazionale pronto, ma abbiamo lavorato a un processo diplomatico prima di aprire un contenzioso». Tutto inutile. Inutile anche l'incontro a margine del G20 tra Matteo Renzi e il neo-premier indiano, Narendra Modi, e la circostanza per cui l'avvocato dei marò, ben remunerato dall'Ambasciata d'Italia, è diventato procuratore capo di quella Corte Suprema che ieri ha respinto le richieste dei fucilieri di Marina. «Le indagini non si sono concluse e i capi d'accusa non sono stati presentati», ha osservato il presidente della Corte, H.L. Dattu. «Dovrei concedere lo stesso a tutti gli imputati indiani. Anche le vittime hanno i loro diritti».

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