Auto di rom sulla folla a Roma/ Tolleranza zero con chi disprezza qualsiasi regola

Auto di rom sulla folla a Roma/ Tolleranza zero con chi disprezza qualsiasi regola
di Paolo Graldi
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Giovedì 28 Maggio 2015, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 09:47
Ci vorrà del tempo per rimettere al giusto posto tutti i fotogrammi di questa sequenza di follia e di morte. Per ora si conta un morto e otto feriti, alcuni dei quali sono in gravi condizioni.



Spezzoni di un film nel quale si mischiano la follia omicida, un gruppo di persone in sconsiderata fuga dalla polizia e il delicato e tuttavia presente problema di individui di appartenenza rom che vivono e si muovono, normalmente, al di là di ogni confine di legalità. In zona Boccea, quartiere popolatissimo, una pattuglia della polizia di Stato organizza un posto di blocco. Un controllo di routine, un filtro fisiologico di quelli che rassicurano perché agiscono da deterrente verso forme diffuse di illegalità.



Un’auto di grossa cilindrata, tre persone a bordo, non si ferma all’alt ma, anzi, da quel momento inizia una fuga pazza, a centottanta chilometri all’ora, la Volante insegue, ne nasce un carosello che sfocerà nella tragedia. La macchina in fuga falcia di botto un gruppo di persone assiepate in attesa di un autobus e alcuni motociclisti. Una donna di quaranta anni, investita in pieno, è scaraventata sull’asfalto e muore all’istante, molte altre restano a terra sanguinanti. Non è finita in quel momento perché i fuggiaschi hanno proseguito nella loro corsa seminando il panico per altro tempo mettendo a soqquadro una vasta area della città. Più tardi la vettura ricercata è stata rintracciata e con essa una donna di origine rom. Svaniti nel nulla, per adesso, i due uomini che l’accompagnavano.



Sfidare un posto di blocco, un controllo di polizia, tentare di seminare gli inseguitori racchiude in sé, sempre, una potente ragione: la necessità di sottrarsi a qualsiasi verifica, il bisogno di nascondere, occultare, mettere al riparo qualcosa che non è legale detenere. Sono queste le ragioni che fanno scattare l’impazzimento che diviene rapidamente azione ad alto tasso criminale perché in quegli istanti si perde qualsiasi dimensione del reale e del pericolo, si infrange qualunque prudenza, si diviene forza assurda e omicida. Le indagini verranno a capo di tutto. La sequenza di morte sarà ricostruita nei dettagli, le responsabilità attribuite con precisione. Un lavoro non facile che andrà fatto, anzi è febbrilmente in corso, per mettere al loro posto tutte le tessere di questo puzzle insanguinato.



Resta da commentare, con ogni cautela del caso e restando al riparo dal rischio di facili generalizzazioni, sottraendosi alle suggestioni xenofobe e/o razziste che dilagano in certi discorsi urlati con gli aromi della campagna elettorale agli sgoccioli, che troppo spesso uomini e donne (purtroppo anche bambini e giovanetti) sono invischiati, impigliati, di storie di varia illegalità. Forme perniciose di reati che vanno dal furto del rame, all’accattonaggio spinto e sovente minaccioso, al borseggio nei luoghi affollati, ai furti negli appartamenti. Un ventaglio di comportamenti criminali i quali, se non altro, con buona pace di certi sociologismi d’accatto e di buonismi dell’ultima ora, fanno come si dice statistica, indicano con numerica precisione la vastità di un arcipelago di piccole e meno piccole comunità che non si può certo condannare in toto, nei semplicismi di un biasimo senza distinguo, ma che segnala, fortemente, il permanere di una piaga che si stenta a risanare con le buone e neppure con le cattive. Un mondo nel quale si dà il via libera, si accettano come normali, o peggio inevitabili, comportamenti non accettabili, non soltanto perseguibili penalmente ma fuori da ogni regola di civile convivenza.



Inchieste giudiziarie hanno fin qui mostrato che tra i nomadi si mischiano e trovano rifugio e complicità soggetti che vanno isolati e perseguiti. Auto di grossa cilindrata, conti in banca talvolta milionari, ricchezze inspiegabili e ingiustificabili sono risultate come altrettanti elementi di una “società” che nel rinchiudersi in un invincibile isolamento dal resto nasconde magagne difficili da estirpare. La brutta storia di Boccea si instaura in una sequenza di fatti e comportamenti intrisi di una illegalità che va presa di petto, con il bisturi dei distinguo certo, e tuttavia con la determinazione di isolare e punire chi sbaglia. La fuga insensata di ieri, con il suo strascico di dolore e di morte, già adesso, mostra un disprezzo totale per le regole di base della convivenza, una criminale sregolatezza verso ogni forma di controllo per mettere al riparo dalle verifiche della legge qualcosa che si deve assolutamente nascondere.



Occorre, senza infingimenti, a ciglio asciutto, mettere mano alla questione, affrontarla con la determinatezza che la serietà del tema impone: è la politica, la volontà politica che deve entrare in campo, agire come forza di deterrenza e di verifica preventiva, fuori da ogni speculazione di qualsiasi segno sia. Sì, è la politica più che la polizia a dover farsi sentire. Anche perché, come si vede, la polizia c’è e fa già la sua parte.

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