Il papà di Salvatore Girone: «E' giù di morale, ma mio figlio non crollerà»

di Marco Ventura
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Lunedì 20 Ottobre 2014, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 08:09
ROMA - Bene no, non sta bene. Chi sente Salvatore Girone, riferisce di un uomo, un militare, provato da una situazione che si prolunga oltre l'inverosimile, e dalla prospettiva di altri mesi e forse anni di stallo.

Già quasi tre anni di prigionia in India, seppur mitigata dalla concessione d'una sorta di libertà provvisoria presso l'Ambasciata d'Italia a New Delhi.



Qualche giorno fa Salvo è stato visto andare al commissariato del distretto diplomatico per mettere l'ennesima firma settimanale sul registro delle persone “vigilate”. Non aveva più la barba che si era fatto crescere dopo che il suo superiore, Massimiliano Latorre, aveva ottenuto il permesso di quattro mesi in Italia per recuperare dopo un'ischemia.



È la prima volta che i due sono separati, una situazione che pesa su Girone.

Papà Michele ha fatto sapere che sente il figlio «tutti i giorni, ma sofferenza e dolore non si possono anestetizzare con pochi minuti via Skype o via telefono tra Salvo e la moglie Vania e i figli, nella casa del Borgo di Torre a Mare», Insomma, «moralmente non sta bene, fisicamente regge».



A suo modo è “ostaggio” della situazione anche l'ambasciatore d'Italia in India, Daniele Mancini, che ha promesso di andarsene solo quando la vicenda sarà conclusa. Quel che preoccupa il governo e i vertici militari è proprio il morale del fuciliere di Marina, la sua resistenza al protrarsi della “prigionia” mentre Max Latorre è già in Italia per convalescenza.



Anche per Salvo, la data-capestro del ritorno di Max in India il 13 gennaio è un incubo, ma per motivi opposti. Perché l'Italia farà di tutto per evitare che Latorre rientri. E sarebbero guai per Girone. Al suo fianco c'è la presenza silenziosa e dignitosa della moglie Vania, che ha sempre confermato la fiducia nelle autorità e nel governo, da brava consorte di un militare. Girone a sua volta ha alzato i toni soltanto in una memorabile seduta via Skype con le Commissioni Esteri e Difesa della Camera. Adesso, la sua impazienza sta assumendo toni più cupi. Quasi un ripiegamento su se stesso, uno scoramento sempre più angosciato man mano che si avvicina il 13 gennaio, il ritorno del “fratello siamese”, e poi a febbraio la ripresa del processo. Non sapendo più se sperare di essere, a quel punto, da solo o in compagnia di Max.