Brasile, veleni alla vigilia del voto presidenziale: Neves attacca Rousseff

Brasile, veleni alla vigilia del voto presidenziale: Neves attacca Rousseff
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Sabato 25 Ottobre 2014, 20:27 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 11:41
«Il modo migliore per combattere la corruzione è mandare a casa questo governo». È un attacco a testa bassa quello sferrato dallo sfidante conservatore Aecio Neves contro la presidente brasiliana uscente di sinistra, Dilma Rousseff: attacco che ha avuto per palcoscenico l'ultimo dibattito tv trasmesso la notte scorsa dall'emittente Rede Globo prima del ballottaggio presidenziale di domani. Un round finale dove alcune decine di spettatori, in rappresentanza degli indecisi (una fetta importante, pari a circa il 20% degli aventi diritto al voto), hanno rivolto le loro domande direttamente ai candidati.



Alla vigilia del turno cruciale delle elezioni, tra le più incerte e incandescenti degli ultimi decenni per il gigante sudamericano, il tema degli abusi interni al colosso petrolifero nazionale Petrobras continua a dominare il panorama politico. Il gigante statale del greggio - una delle più grandi multinazionali del mondo - è sotto inchiesta per presunti fondi neri, con i quali sarebbero state versate tangenti a politici di diversi partiti. Il settimanale Veja, appena uscito, afferma che sia Dilma, sia il suo predecessore, Luiz Inacio Lula da Silva (2003-2010), sapevano tutto.



Uno schema che è stato ribattezzato «Petrolao», alludendo all'altro gravissimo scandalo di mazzette conosciuto come «Mensalao», scoppiato durante il primo mandato di Lula. E Neves - rappresentante di un partito di centro-destra, il Psdb, che aspira a tornare al potere, dopo 12 anni di dominio del Pt fondato da Lula - adotta la tattica dell'offensiva per cercare di ribaltare i sondaggi: gli ultimi lo danno in svantaggio di circa 8 punti.



Rousseff - primo capo di Stato donna della nazione verde-oro, alla caccia di un secondo mandato nonostante la popolarità in calo - si difende contrattaccando. «Quanto pubblicato da Veja si chiama golpe elettorale», ha ribattuto ieri sera Dilma, che fu guerrigliera durante la dittatura militare (1964-1985). «Sono solo calunnie, ne risponderanno davanti alla giustizia», ha aggiunto, nelle stesse ore in cui un manipolo di attivisti del Pt scagliava sassi contro la sede dell'editore del magazine. Aecio a sua volta le ha rinfacciato d'aver condotto «la campagna più sordida della storia».



«Se sarò eletto, licenzierò tutta l'attuale dirigenza di Petrobras. Vogliamo professionalizzare l'azienda e privilegiare manager di carriera», ha incalzato l'ex governatore di Minas. Chiunque uscirà vittorioso dal risultato delle urne, erediterà comunque un Paese tuttora spaccato in due dal punto di vista sociale (con divisioni anacronistiche tra ricchi e poveri e tra nord e sud, malgrado le politiche sociali degli ultimi anni), oltre che in affanno sul piano economico (il Brasile entrato in recessione tecnica nel primo semestre dell'anno).



Se una parte della popolazione sembra preferire la linea della continuità, soprattutto nei programmi di welfare, ce n'è un'altra che invece invoca il cambiamento, anche sull'onda delle oceaniche proteste di piazza del giugno 2013: centrate proprio contro la corruzione, principale responsabile dell'inefficienza dei servizi per istruzione, salute, trasporti e sicurezza.
Ai 142 milioni di votanti - «solo Dio sa» a che ora potranno essere diffusi i risultati completi nella notte di domani, ha sospirato il presidente del Tribunale elettorale, Dias Toffoli - è affidata adesso l'ardua sentenza definitiva.
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