Sinai, tremenda serie di attentati, decine di soldati uccisi. Al-Sisi: «Mano straniera dietro la strage»

Sinai, tremenda serie di attentati, decine di soldati uccisi. Al-Sisi: «Mano straniera dietro la strage»
di Elena Panarella
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Sabato 25 Ottobre 2014, 16:21 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 18:58
Il Sinai brucia. Decine di militari egiziani sono rimasti uccisi in una serie di attentati, che rappresenta il più sanguinoso attacco terroristico contro le forze armate dalla caduta di Hosni Mubarak.



L’allerta è altissima. Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha immediatamente convocato il Consiglio di difesa nazionale, per fare il punto della situazione e decidere eventuali nuove misure di sicurezza per il nord del Sinai, dove l’esercito conduce da almeno due anni una massiccia campagna contro le forze jihadiste.



«SOSTEGNO ESTERNO»

C’è una «mano straniera dietro gli attentati», ha tenuto a precisare il presidente al-Sisi e ha parlato di «sostegno straniero agli attentati» il cui obiettivo era quello di «colpire il volere del popolo e dell’esercito». «Da prima del 3 luglio 2013, potevamo scegliere: o la popolazione o l’esercito avrebbero dovuto affrontare il terrorismo. Abbiamo scelto che sarebbe stato l’esercito a portare avanti questo impegno». «Ci sono tentativi mirati a dividere la popolazione dall’esercito, ma non ci riuscirà nessuno», ha aggiunto.



Nonostante l’ultimo attacco, il presidente egiziano ha ribadito che «è stato già fatto molto per combattere il terrorismo». «La guerra non è facile - ha proseguito - abbiamo avuto dei martiri e ce ne saranno altri, ma decine di terroristi vengono uccisi ogni giorno e dobbiamo apprezzare le operazioni dell’esercito contro il terrorismo». Fonti della sicurezza in Sinai riferiscono che le forze egiziane hanno compiuto oggi una serie di raid contro le postazioni dei terroristi a Sheikh Zowayyed, teatro dei sanguinosi attentati di ieri.



IL BILANCIO

Secondo il ministero della Salute, nei tre diversi attentati - di cui uno compiuto da un kamikaze a bordo di un’autobomba - sono morti 36 militari, 29 sono rimasti feriti, con un bilancio che potrebbe ancora salire. Gli attacchi non sono stati al momento rivendicati, ma il dito è puntato contro il gruppo jihadista Ansar beit al Maqdis vicino allo Stato islamico, che in passato ha rivendicato altri attentati contro le forze egiziane nella penisola, nonché filmato la decapitazione di ostaggi in pieno stile Isis. La giornata di sangue è cominciata con due bombe piazzate sul ciglio della strada vicino a Sheikh Zowayyed, nel governatorato di Al Arish, nel nord del Sinai, ed esplose al passaggio di due veicoli militari. Almeno 7 soldati sono rimasti uccisi. Poche ore dopo l’attacco più violento: secondo quanto riferito da fonti della sicurezza, un kamikaze è arrivato a bordo di un’autobomba su una postazione militare di Karm el Kawadess, a Sheikh Zowayyed, facendosi esplodere in mezzo ai soldati. Sul checkpoint sono poi piovuti proiettili di mortaio e di Rpg (Rocket Propelled Grenade). Sul colpo sono morti in 12, ma i feriti erano decine e il bilancio è salito a 19 con il passare delle ore.



RESIDENTI DONANO SANGUE

Anche un’ambulanza che trasportava i feriti dalla base all’ospedale di Al Arish è stata presa di mira da un ordigno sulla strada, ma non è stata colpita. Decine di residenti si sono precipitati all’ospedale per donare il sangue, mentre il panico si è impossessato di Sheikh Zowayyed, dove già da un anno e mezzo è in vigore un coprifuoco notturno di 12 ore. Il funerale delle vittime è previsto per domani alla presenza del presidente Sisi e del ministro della Difesa. Secondo informazioni non confermate di siti web, i jihadisti avrebbero inoltre sequestrato tre alti ufficiali, ma la notizia è stata smentita da fonti militari e della sicurezza. Al Cairo, come ogni venerdì di preghiera, si sono svolte le manifestazioni anti-governative dei Fratelli musulmani, messi al bando dopo la deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi e la dura repressione dei sit-in dei suoi sostenitori nel 2013. Sempre ieri nel quartiere di Matarya, a nordest della capitale, un gruppo di residenti si è scontrato con un corteo della Confraternita e un bambino di 7 anni è morto, colpito alla testa da un proiettile vagante.



CITTADINI CON L'ESERCITO

La polizia ha usato i lacrimogeni per disperdere un’altra manifestazione a Giza, nel sud del Cairo. Un sottufficiale è stato ucciso in un agguato da due uomini a bordo di una moto, mentre stava uscendo dal suo ufficio al Dipartimento di sicurezza nazionale nel governatorato di Sharkya, nel Delta del Nilo. Le forze dell’ordine, ormai è chiaro, restano l’obiettivo principale degli attentati. L’ultimo due giorni fa: un ordigno artigianale è esploso davanti all’università del Cairo ferendo 7 agenti e 4 passanti. Quell’attacco è stato rivendicato oggi dal gruppo jihadista Ajnad Misr. «Gruppi sbucati fuori all’improvviso per creare nuovi disagi al Paese - tuonano i cittadini - Pagati da chissà quale altra Nazione o più Nazioni. Così come è accaduto per tutte le altre rivoluzioni nel mondo arabo: pilotate a misura per far cadere l’economia e rendere “prigionieri” nel proprio paese i cittadini. Siamo stanchi di subire, l’Egitto è stato sempre un Paese che ha mantenuto salde le proprie tradizioni pur essendo una realtà internazionale. Ora basta. L'esercito ha sempre difeso questo Paese e continuerà a farlo...».



LO SCRITTORE

«Quante altre madri dobbiamo vedere disperarsi per i loro figli, quante mogli per i loro mariti, e i bambini per i loro padri - dice lo scrittore, Ali Maklad - L'orgoglio di questo Paese deve tornare al primo posto. Siamo consapevoli che stragi come quelle accadute nel Sinai potranno presentarsi nuovamente, allo stesso tempo siamo convinti che la nostra guerra non è verso alcuni pseudo gruppi terroristi ma verso altre Nazioni che vogliono far cadere il nostro Paese. E se per un periodo c'è stata grossa confusione tra la gente, oggi tutto è tornato chiaro davanti ai nostri occhi».
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