Sudan, Meriam si rifugia nell'ambasciata americana. La cristiana era stata appena scarcerata

Sudan, Meriam si rifugia nell'ambasciata americana. La cristiana era stata appena scarcerata
3 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Giugno 2014, 22:40 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 15:37
​Meriam si rifugiata all'ambasciata Usa di Khartoum. Lo ha riferito l'avvocato della donna cristiana che era stata condannata alla pena di morte, poi annullata, per apostasia. «Meriam si trova all'ambasciata Usa in questo momento lei e il marito pensano che sia un posto sicuro», ha detto Me Muhanad Mustafa a poche ore dalla seconda scarcerazione della donna.



Il legale non ha voluto aggiungere ulteriori dettagli mentre un portavoce della sede diplomatica americana non ha voluto commentare. Meriam è dunque libera per la seconda volta. La giovane donna, 26 anni, è stata rilasciata stamane dopo essere stata fermata martedì in aeroporto mentre tentava di lasciare il Sudan per raggiungere gli Usa e trattenuta per circa 48 ore. Tuttavia, sulla carta, non può ancora lasciare il Paese: deve aspettare il nulla osta della Corte d'appello che ratifichi l'annullamento della sentenza di condanna, secondo quanto ha riferito Antonella Napoli, presidente dell'Ong 'Italians for Darfur', che insieme all'ong 'Sudan Change Now', è da tempo impegnato sulla vicenda. L'ottenimento del nulla osta «richiederà alcuni giorni».



Sulla vicenda del fermo, il ministro degli Esteri Federica Mogherini aveva «avviato i contatti, nel rispetto delle autorità locali» per arrivare «in tempi brevi a una soluzione positiva e definitiva» del caso. Il marito della donna, Daniel Wani, che ha la doppia cittadinanza, americana e sud sudanese, ieri aveva chiesto l'aiuto dell'Italia per sbloccare il fermo della moglie e risolvere una volta per tutte la vicenda.



Anche il viceministro Lapo Pistelli aveva ribadito l'impegno italiano sul caso, che sarebbe stato affrontato durante la missione della prossima settimana nel Corno d'Africa. Ancora una volta insomma Meriam è libera, pur non avendo ancora lasciato il Paese. Secondo il Daily Mail, la donna e la sua famiglia avrebbero andare in Sud Sudan e da lì partire per gli Stati Uniti. In ogni modo il riparo nell'ambasciata di Washington sembra metterla, quanto meno per ora, al riparo.



La storia Dopo la condanna a morte per apostasia e a 100 frustate per adulterio a maggio, la Corte d'appello aveva annullato pochi giorni fa la sentenza e rimesso in libertà Meriam. Il giorno dopo l'annullamento la donna e la sua famiglia si sono recati in aeroporto a Khartoum per lasciare il Paese e raggiungere gli Usa. Giunta ai controlli, 50 membri dei servizi segreti l'avevano però fermata e trasferita, insieme al marito e ai figli, in un centro di detenzione vicino all'aeroporto. Lì era stata interrogata, con l'accusa di aver utilizzato dei documenti irregolari per lasciare il Paese: un visto americano e un documento rilasciato dall'ambasciata del Sud Sudan. Il caso ha poi suscitato una piccola tensione diplomatica con la convocazione degli ambasciatori americano e sud sudanese. Sembra d'altronde che i documenti non fossero l'unica motivazione del fermo: in un'intervista rilasciata al giornale sudanese Al Intibaha e riportata dal Telegraph, il fratello di Meriam, Al Samani Al Hadi Mohamed Abdullah, ha dichiarato di essere andato dalla polizia per denunciare il «rapimento» di Meriam da parte del marito, poco prima che lei cercasse di partire per gli Stati Uniti. Si tratta dello stesso parente della donna che pochi giorni fa aveva dichiarato che «se non si fosse pentita (e convertita all'islam), avrebbe dovuto morire». Ora Meriam è di nuovo libera, mentre si apre una delicata partita diplomatica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA