Migranti, l'orrore del bambino siriano affogato

Migranti, l'orrore del bambino siriano affogato
di Maria Lombardi
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Mercoledì 2 Settembre 2015, 21:05 - Ultimo aggiornamento: 23:27
Se non può lui, chi potrà mai? Se non può il bambino con gli occhi chiusi sulla sabbia chi potrà mai fare aprire gli occhi all’Europa e al mondo?



C’è una foto (che noi del Messaggero abbiamo deciso di non pubblicare, preferendo lo scatto con l’agente della polizia turca che porta il corpicino lontano dagli sguardi) del naufragio di un bimbo di due anni, di dodici siriani e di tutti noi. Lui è solo sulla spiaggia, e i bimbi non sono mai soli sulla spiaggia e nemmeno quando chiudono gli occhi. Il mare lo accarezza come se ne avesse pietà dopo averlo strappato a una piccola barca e poi accompagnato a riva. Troppo piccolo, lui, per temere le onde e la guerra, la disperazione di un viaggio.



È a pancia in giù, la testa girata, le braccia lungo i fianchi, come stanno i bambini piccoli nel lettino, quando dormono. Ha la maglietta rossa, i pantaloncini scuri e le scarpette allacciate ai piedi, doveva andare lontano. E invece è lì, immobile su una terra straniera, a Bodrum, in Turchia. Un agente della polizia turca lo solleva dall’acqua e lo porta via in braccio, con tenerezza straziante. Ma il suo sguardo è lontano, non riesce ad abbassare gli occhi sul piccolo naufrago, è troppo anche per lui che chissà quanti morti in mare avrà visto.



LA SCELTA CONTESTATA

Il quotidiano britannico ”The Indipendent“ ha pubblicato per primo le foto diffuse da un’agenzia turca, anche quelle più drammatiche, con la convinzione che fosse giunto il momento di guardare. «Se queste immagini straordinariamente potenti di un bimbo siriano morto sulla spiaggia non cambiano l’atteggiamento dell’Europa nei confronti dei rifugiati, cosa può farlo?», scrive il giornale spiegando la scelta.



Una domanda che è uno schiaffo per gli inglesi impauriti dall’ondata di migranti nel tunnel della Manica (ma non solo loro). Ma che, soprattutto, diventa strumentalmente un atto d’accusa contro il premier Cameron che continua a ripetere «non accoglieremo altri migranti, non è la risposta giusta all’emergenza». Fonti del Parlamento inglese sperano in una risposta del capo del governo perché, dicono, «quando sulle spiagge giacciono corpi di bambini, è il momento di agire».



IL WEB

Dal sito inglese le immagini hanno fatto il giro del web, «simbolo del dramma nell’Egeo», per El Pais, «della tragica epopea dei rifugiati», scrive The Guardian, «è la guerra siriana in una foto», commenta l’Huffington Post Gb. Altri media online hanno preferito pubblicare solo le foto dell’agente della polizia turca che prende quel corpo tra le braccia e lo porta lontano dagli sguardi.



Sui social la foto è stata accompagnata dall’hashtag #KiyiyaVuranInsanlik, traducibile come «l’umanità che si è schiantata contro gli scogli». Su Twitter c’è chi invita alla preghiera, «ogni giorno siamo impotenti rispetto a questo». Il bambino con gli occhi chiusi sulla sabbia, più potente dell’altra foto che due giorni fa aveva stretto il cuore. Quella di una turista greca che abbracciava un profugo siriano salvato dopo tredici ore di mare non lontano da Kos.



Era lì che il bimbo doveva andare, a Kos. Dalla costa turca di Bodrum il gruppo di naufraghi voleva raggiungere l’isola greca e approdare così in Europa. Erano 23 in tutto, hanno tentato la traversata a bordo di due piccole imbarcazioni. In dodici non ce l’hanno fatta, sono stati travolti dalle onde, non lontani dalla costa. Il mare li ha sommersi e separati, il bimbo è rimasto da solo. I mezzi di soccorso turchi sono riusciti a salvarne 15, ci sono tre dispersi. Quella tra Bodrum e Kos è una delle rotte più utilizzate negli ultimi tempi dai migranti che cercano di raggiungere l’Europa dalla Siria, attraverso la Turchia. Un viaggio più breve e secondo molti più sicuro rispetto alla rotta dal Nord Africa al Mediterraneo. Il primo e ultimo viaggio per il bambino con gli occhi sulla sabbia.



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