Fiom-Renzi, ancora scintille. Boschi: no lezioni di moralità

Maria Elena Boschi
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Domenica 23 Novembre 2014, 21:01 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 19:22
​Governo e Pd alla prova dello stress test politico-parlamentare del Jobs act che da domani a mercoledì è all'esame della Camera. Maria Elena Boschi, ministro per i rapporti con il Parlamento, esclude che si arrivi alla fiducia, ma il provvedimento che rivede le norme sul lavoro e l'articolo 18, dà nuovo alimento allo scontro con la Fiom, e con la minoranza Pd.



I tempi sono di fatto contingentati e c'è un «pacchetto» definito di emendamenti il che dovrebbe escludere che si arrivi alla fiducia ma lo scontro è preventivo, diretto. C'è chi, come il capogruppo di Sel Arturo Scotto, teme infatti qualche «giochetto» dell'ultimo minuto e la prova di forza da parte del governo che porterebbe lo scontro con la sinistra Pd in Aula sul tema più delicato e socialmente incandescente. «La fiducia sarebbe, da parte di Renzi, un atto di grande debolezza; debolezza politica perchè il Pd avrebbe defezioni sul voto», dice Scotto.



Le temperature non si abbassano nemmeno sul fronte delle relazioni con il sindacato. Fiom in testa. Dopo le scuse di Landini per aver detto che gli onesti non votano Renzi, il segretario torna sul tema e, sostanzialmente (facendo salvi però gli elettori del Pd), conferma: «Chi è onesto non conta nulla e si fanno leggi che continuano a garantire ai disonesti di fare i disonesti», scandisce il numero uno della Fiom attaccando nuovamente il Jobs act perchè rende liberi i licenziamenti e cancella lo Statuto dei lavoratori. Ma, si lamenta, tutto questo viene completamente rimosso: la riprova è però nel dissenso esplicito che si manifesta nelle piazze. Anzi gli scioperi contro il governo «aprono una fase nuova. E questo crea timore nelle forze politiche».



La Boschi replica sia a Landini sia alla minoranza Pd: «Credo che questo Governo, che ha istituito un'autorità anticorruzione, non accetti lezioni di moralità da nessuno». «Credo che Landini - contrattacca - stia spostando lo scontro sul piano ideologico, perchè nel merito del Jobs act ha poco da dire» e «quindi sposta l'attenzione su un altro piano». Il passaggio criticato dal ministro riguarda la diversa determinazione del governo mostrata - secondo Landini - tra l'intervenire con un decreto sul tema del lavoro, invece che sulla corruzione (una partita da 60 miliardi) e sull'evasione.



Ma il ministro punzecchia anche la sinistra interna: «Non darei per scontato che si metta la fiducia, tutt'altro.
Mi auguro che i voti del Pd siano compatti ma non è che ci fermiamo se in un gruppo di oltre 300 deputati Fassina o altri, con tutto il rispetto, la pensano diversamente. Questa non è la riforma di Fassina». E a chi paventa - davanti ad una prova di forza interna ai democrat - un possibile terremoto politico, il ministro replica serena: «Non c'è alcun rischio di scissione. Credo che il Pd continuerà il proprio impegno per il bene dei cittadini».
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