Cittadini ostaggio dei sindacati

di Oscar Giannino
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Sabato 18 Aprile 2015, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 00:14
Ieri nella metropolitana e nel trasporto pubblico di Roma sono avvenute tre cose. A ben vedere, una più grave dell’altra.



La prima: una modalità di sciopero che ha legittimamente suscitato l’immediata esasperazione e protesta dei viaggiatori, romani e non. La seconda: una totale divergenza delle ricostruzioni ufficiali su quanto è accaduto. La terza: reazioni sindacali esultanti, aliene da ogni parola di comprensione verso cittadini e viaggiatori. Sono tre tessere di un mosaico rivoltante, indegno della Capitale, dello stoico spirito di sopportazione dei suoi cittadini-contribuenti. Lontano anni luce da quanto serve garantire in vista del prossimo Giubileo, e della candidatura alle Olimpiadi. E, invece e purtroppo, in linea con quanto avvenne la notte di Capodanno, con la maxi astensione dal lavoro dei vigili urbani su cui, a distanza di mesi, procedono le inchieste, anche sui medici che firmarono illegittimamente quei certificati medici. Abbiamo grande rispetto per i diritti sindacali. Anche se, dipendesse da chi qui scrive, gli scioperi in alcuni servizi pubblici essenziali dovrebbero semplicemente essere vietati per legge a favore di altre procedure di protesta, come negli Stati Uniti dopo gli anni Ottanta.



Ma, in assenza di questo, limitiamoci a dire che, quando si tratta di servizi pubblici essenziali come i trasporti, deve essere assoluto il rispetto delle regole di garanzia a difesa del diritto all’informazione dell’utente, e della necessità di assicurare comunque servizi minimi. Così dice la legge, così i codici di disciplina dei diversi sottosettori nei servizi pubblici.



Per il trasporto pubblico locale, vale la delibera del 31 gennaio 2002 n 02/13 della Commissione nazionale di garanzia sugli scioperi, che naturalmente è titolata “disciplina provvisoria” senza che mai sia seguita una disciplina organica. Quando ieri mattina i convogli sulla linea A della metro romana si sono fermati in alcune stazioni invece che a fine linea, violando la disciplina per la quale all’inizio dello sciopero parte l’ultimo convoglio da un capolinea per arrivare regolarmente a fine corsa, i passeggeri non ci hanno più visto, e sono dovute intervenire le vigilanze private e le forze dell’ordine. I passeggeri avevano non una, ma mille ragioni.



A maggior ragione nella Capitale martoriata reiteratamente da scioperi, cortei, e manifestazioni. Ma ecco che la responsabilità di quanto avvenuto è stata immediatamente rimpallata. I due sindacati che hanno proclamato lo sciopero, Ugl e Sul che non si riconoscono nel nuovo accordo siglato tra Atac e Cgil, Cisl e Uil per il recupero di produttività in un’azienda che ne ha bisogno come il pane, hanno immediatamente sostenuto che la responsabilità del blocco dei convogli è stata dell’azienda. L’azienda ha ribattuto che la procedura di sicurezza straordinaria è stata dovuta al fatto che le norme attuali sono carenti, visto che nel trasporto locale l’adesione allo sciopero non è da notificare a inizio turno, dunque l’elevata partecipazione alla protesta dei due sindacati, che pure sono minoritari rispetto all’accordo firmato, obbligava a tale decisione in presenza di uno scorretto comportamento sindacale.



Perché l’astensione nasce da una vertenza aziendale senza il pieno rispetto delle procedure di raffreddamento e conciliazione pur previste dalle norme “provvisorie” che abbiamo sopra richiamato. A tutto questo si sono subito aggiunte note sindacali unicamente centrate sul rilancio della conflittualità verso l’Atac e il suo piano, totalmente incuranti di quanto era avvenuto ai danni di migliaia di romani che pure avevano modificato i propri orari di vita e lavoro per tentare di raggiungere le loro mete rispettando l’orario dell’astensione proclamata, visto che l’interruzione dei convogli è avvenuta prima delle 8,30 quando lo sciopero era annunciato.



Ci penseranno a questo punto gli esposti subito annunciati alle autorità da parte dell’Atac e sostenuti anche dal sindaco Marino, a fare chiarezza. Noi possiamo solo augurarci che i responsabili vengano, come per Capodanno, identificati e puniti. Per voltare pagina, una volta per tutte. È evidente che la disciplina provvisoria degli scioperi nel trasporto pubblico locale va modificata e resa più cogente al rispetto dei cittadini. È altrettanto chiaro che esiste nel settore dei servizi pubblici la necessità di riaffermare il principio per il quale accordi sottoscritti da sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori diventino esigibili, sia pure nel zoppicante quadro legislativo italiano che mai ha deciso di applicare l’articolo 39 della Costituzione, con una legge organica sui sindacati e sui loro diritti ma anche sui loro doveri.



Ed è altrettanto chiaro, infine, che gli amministratori di Roma come di tutte le città italiane, e i manager delle municipalizzate pubbliche sono chiamati a uno straordinario sforzo di responsabilità. Viste le lacune di legge, riportare la macchina pubblica a condizioni almeno minimalmente soddisfacenti di efficienza e produttività impone sforzi straordinari di confronto con sindacati e lavoratori. Ma poi bisogna avere la fermezza di applicare gli accordi che vengono sottoscritti. È troppo comodo continuare a pensare che viaggiatori e cittadini, contribuenti e turisti, lavoratori, giovani e anziani, siano carne da macello che pagano il conto di ogni vertenza aziendale.



Il trasporto pubblico, a Roma più che in ogni altra città italiana, dovrebbe essere una vetrina dell’idea d’Italia che vogliamo proporre a noi stessi e al mondo intero. Quella vetrina viene sporcata e infranta ogni settimana. E a chi paga il conto, con il proprio tempo e il proprio denaro, cioè i cittadini, viene il sangue agli occhi apprendendo che le sigle sindacali si compiacciono perché l’una pensa di fare con questo più iscritti dell’altra.