M5S, nuove espulsioni E Grillo alza il tiro: «I clandestini a casa»

Grillo
di Claudio Marincola
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Martedì 21 Ottobre 2014, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 13:04
In casa sua continua a fare la voce grossa, a soffocare qualsiasi forma di dissenso. Un padre padrone che caccia via chiunque osi criticarlo: cartellino rosso ai 4 contestatori che al Circo Massimo occuparono il palco e presero la parola dunque. Per loro nel Movimento non ci sarà più posto. Fuori dal recinto grillino, il leader dà forza al suo radicalismo. Sale sulla stessa onda emotiva della Lega e per non farsi scavalcare da Matteo Salvini spara a zero contro i clandestini «che stanno producendo flussi migratori insostenibili» e vanno «rispediti da dove venivano». Parole che vorrebbero mettere la sordina alle espulsioni ma che sul web producono l'effetto della nitroglicerina.



«È tempo di affrontare l'emigrazione come un problema da risolvere e non come un tabù - scrive sul suo blog Grillo - Isis sta producendo flussi migratori insostenibili, negli ultimi mesi sono arrivati in 100 mila, e in futuro con l'espandersi della guerra, la situazione peggiorerà; Ebola sta penetrando in Europa, è solo questione di tempo perché in Italia ci siano i primi casi». E ancora: «Chi entra in Italia deve essere sottoposto a una visita medica obbligatoria all'ingresso per tutelare la sua salute e quella degli italiani che dovessero venirne a contatto».



CACCIA ALLE STREGHE

Grillo chiede di uscire dal Trattato di Dublino, «perché l'Italia è diventata la sala d'aspetto, la portaerei dei disperati del mondo». Posizioni coerenti con la nuova collocazione dei Cinquestelle nell'emiciclo europeo. E che suscitano subito la reazione del Pd. «Anche noi vogliamo una revisione del Trattato di Dublino - osserva Edoardo Patriaca - ma Grillo continua ad associare la parola “immigrati” alla parola “malattie”. E questo è da irresponsabili». E Renzi rincara la dose definendo «imbrazzante» la nota grillina.



Il clima interno è da caccia alla streghe. La diaspora, il fuoco amico, preoccupa molto Grillo. Anche perché le ferite ora sanguinano. La cacciata dei 4 di Occupy palco, esponenti dell'ala romana, seguono a quelle del sindaco di Comacchio e del consigliere regionale dell'Emilia-Romagna Andrea Defranceschi, entrambi vicini al primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti.

Il web ribolle. «Ma cosa c..zo stiamo diventando. Davvero nel M5S è stato introdotto il reato di opinione senza che nessuno ci avvisasse?», scrive su Facebook il capogruppo al Comune di Parma Marco Bosi. «Tutto questo - continua il consigliere grillino - per aver chiesto trasparenza sul sistema di votazione online, la stessa trasparenza che noi rivendichiamo come valore fondante». Bosi non è l'unico a scendere in campo per difendere i dissidenti di “Occupy palco”, (Giorgio Filosto, Orazio Ciccozzi, Pierfrancesco Rosselli e Daniele Lombardi).



Ma c'è anche chi approva la linea dura del capo, come Lina che twitta: «Fatto bene, erano dei futuri Orellana, le mele marce vanno subito eliminate».



INDIFFERENTI

I quattro espulsi, impegnati come volontari nel servizio di sicurezza della manifestazione, fecero irruzione sul palcoscenico il secondo giorno della manifestazione esponendo uno striscione con la scritta «Occupy palco». Chiedevano «maggiore trasparenza nello staff di Milano». L'accusa che gli viene mossa dal “tribunale grillino” è di «aver approfittato del ruolo di responsabili sicurezza per occupare il palco».



Tra i dissidenti il maldipancia è evidente ma resta sottotraccia. Esce allo scoperto solo il deputato Tancredi Turco. Su Twitter, esprime «solidarietà» ai 4. Su Facebook ripete il concetto: «Se qualcuno chiede trasparenza o chiarimenti va ascoltato, non allontanato». Con lui anche un altro deputato: Christian Iannuzzi. «Ormai mi pare si sbattano fuori persone come se niente fosse senza nemmeno passare per il voto della rete», fa notare sui social network. E gli espulsi? «L'espulsione - scrivono su Facebook - non ci fa né caldo né freddo. Essere esclusi da un portale e quindi non poter votare su un sistema dove non vi è la benché minima trasparenza, non può che lasciarci indifferenti».