Rai, Cda vota contro i tagli. Governo attacca: «Gesto politico»

Rai, Cda vota contro i tagli. Governo attacca: «Gesto politico»
di Claudio Marincola
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Giovedì 20 Novembre 2014, 06:06 - Ultimo aggiornamento: 21 Novembre, 09:31

Il consiglio d'amministrazione della Rai vota a maggioranza il ricorso contro i tagli previsti dal decreto Irpef, 150 milioni di euro che il governo Renzi ha prelevato dal canone. E si scatena il finimondo. Solo i due renziani Antonio Pilati e Luisa Todini si schierano contro e la Todini si dimette ritenendo «inaccettabile e irresponsabile» la decisione. Un gesto, quello delle dimissioni, che avrebbe comunque fatto dopo la nomina alla presidenza di Poste italiane. Il dg Luigi Gubitosi giudica «inopportuno» il ricorso che comunque ora dovrà inoltrare dando un mandato agli avvocati per impugnare il prelievo sia davanti alla giustizia ordinaria che al Tar (con l'obiettivo di far pronunciare la Consulta).

PASSO INDIETRO

Il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli parla di «voto determinato solo da logiche politiche e personali», «all'insegna del tanto peggio tanto meglio».

Una dichiarazione di guerra al governo. E la girandola di colpi non è finita. Lorenza Bonaccorsi, membro della commissione Vigilanza, via Twitter, annuncia che i aspetta un passo indietro da Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, i due consiglieri in quota Pd che hanno votato a favore del ricorso. E il senatore Salvatore Margiotta, vice presidente della Vigilanza, fa notare la stranezza di «un'azienda che ricorre contro il proprio azionista».

STUPIDAGGINE

Opporsi al taglio dei 150 milioni vuol dire fermare la scure del governo prima che si abbatta sulle casse della Rai che in passato non hanno lesinato sprechi. L'Usigrai, il sindacato dei giornalisti aveva inviato diffida al dg e al cda perché venisse «messo urgentemente in votazione il ricorso sui tagli».

Il sindacato si era detto disposto a proseguire anche da solo in caso «si decidesse di non decidere». Ma l'odg era rimasto fino a ieri nei cassetti. A tirarlo fuori è stato o Antonio Verro (FI). Che ora spiega: «Questo voto - dice - non ha alcun valore politico, come invece alcuni vogliono far credere», «hanno prevalso solo ed esclusivamente gli interessi dell'azienda e di tutti i lavoratori del servizio pubblico». La Todini che se ne va è «una buona notizia» per il grillino Roberto Fico, il presidente della commissione di Vigilanza, che da giorni ne chiedeva le dimissioni, «però non avrei atteso 7 mesi per farlo». Lo scontro si consuma nel giorno in cui il vertice di Viale Mazzini ha salutato con favore l'esordio positivo di Raiway a Piazza Affari, operazione avviata in concomitanza con il cosiddetto «prelievo forzoso».

VERTICE PD

Il ministro dell'Interno Angelino Alfano a “'Otto e mezzo”, su La7, definisce il voto del Cda «una solenne stupidaggine», «come può passare per la testa di fare ricorso contro l'azionista e per di più nel giorno - aggiunge il leader Ncd - in cui Raiway va in Borsa». Non è quel che pensa il capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta, soddisfatto per aver «stoppato sul nascere l'Opa predisposta furbescamente dal presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, sulla Rai». «I famosi 150 milioni che il governo ha più volte annunciato di voler tagliare alla Rai - continua Brunetta - altro non sono che soldi dei cittadini pagati tramite il canone». .

Non finirà qui. Martedì prossimo il gruppo scelto da Renzi per mettere a punto la riforma della Rai. I capogruppi di Senato e Camera, Zanda e Speranza, il sottosegretario Giacomelli, il vice segretario pd Guerini, il capogruppo della commissione di vigilanza Peluffo, il vice presidente Margiotta a cui si sono aggiunti anche il senatore Marco Filippi e il deputato Mario Tulli, entrambi capogruppi dem alla Commisione trasporto di Senato e Camera.

Il rischio è lo stallo che potrebbe fermare anche il piano di accorpamento dei tg presentato da Gubitosi (in scadenza ad aprile». Tg1 e Tg3 sono contrari e anche il cdr del Tg 2 precisa di aver votato già a settembre in assemblea un odg per bocciarlo, «il Tg2 vuole una riforma vera, seria, complessiva che arricchisca l'offerta editoriale e non la impoverisca».