Rai, cda a 7 e super poteri per l'ad: così cambia la governance

La sede Rai di viale Mazzini
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Venerdì 31 Luglio 2015, 10:51 - Ultimo aggiornamento: 11:29
Un Cda a 7 membri e superpoteri per l'amministratore delegato. Ecco in estrema sintesi le principali novità del disegno di legge votato dal Senato e che passa ora alla Camera.



L'attuale Cda di viale Mazzini conta 9 membri, di cui 7 eletti dalla commissione di Vigilanza e due indicati dal ministero del Tesoro. Si passerà a due scelti dalla Camera, due dal Senato, due dal governo e uno dai lavoratori dell'azienda (novità assoluta). Il presidente della Rai verrà eletto dal Cda ma avrà bisogno di essere ratificato dai due terzi della Vigilanza.



Attualmente il direttore generale è scelto dall'esecutivo e non ha potere di voto. Con la riforma, arriva un vero e proprio ad indicato dal governo, nominato dal Cda (di cui fa parte a tutti gli effetti, anche con potere di voto) e che resta in carica per 3 anni.



Particolarmente importanti i poteri dell'ad. Nomina i direttori di rete, di testata, di canale e i dirigenti di seconda fascia. Il cda potrà dare solo un parere (obbligatorio ma non vincolante). Per i direttori di testata il parere diventa vincolante se i 2/3 (cioè 5 membri su 7) del cda sono contrari. L'amministratore delegato ha anche potere di firmare autonomamente i contratti fino a 10 milioni di euro.



Altra novità-chiave: la livenziabilità dei vertici di viale Mazzini. I consiglieri d'amministrazione saranno removibili su proposta dell'assemblea dei soci della tv di Stato (ministero dell'Economia e Siae) e previa "valutazione favorevole" da parte della Vigilanza. L'ad potrà essere rimosso dallo stesso Cda che lo ha nominato sentita sempre l'assemblea dei soci. In caso di licenziamento anticipato (prima della scadenza del mandato che dura 3 anni) avrà diritto a un indennizzo pari a "tre dodicesimi del compenso annuo".



Viene introdotto il divieto di vendere più del 10 per cento del capitale Rai ai privati, se si vuole antenere la concessione dello Stato. Entro un anno dall'entrata in vigore della riforma, il governo dovrà inoltre adottare un "testo unico della radiotelevisione", già previsto dalla legge Gasparri e mai attuato, che fissi "criteri di riordino e semplificazione delle disposizioni vigenti, la definizione dei compiti del servizio pubblico con riguardo alle diverse piattaforme tecnologiche, tenendo conto della innovazione tecnologica e della convergenza delle piattaforme distributive".



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