Premier-Adinolfi e caso Espresso: doppia inchiesta sul giallo intercettazioni

Premier-Adinolfi e caso Espresso: doppia inchiesta sul giallo intercettazioni
di Silvia Barocci
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Sabato 1 Agosto 2015, 08:24 - Ultimo aggiornamento: 08:27
Se per Matteo Renzi il Parlamento non farà mai da ”passacarte” alle procure, in quella che sarebbe dovuta essere l’estate dell’avvio della riforma delle intercettazioni resta da chiedersi chi risolverà il giallo di carte omissate o notizie (vere o false?) passate ai giornalisti. Si tratta, nel primo caso, delle conversazioni tra lo stesso premier Renzi e il generale della Gdf Adinolfi captate nel corso dell’inchiesta della Dda di Napoli sulla Cpl Concordia e, nel secondo caso, della notizia pubblicata dal settimanale L’Espresso su una presunta intercettazione tra il governatore della Sicilia Crocetta e il medico Tutino. Su entrambe le vicende si sono mossi in quattro: le procure di Napoli e Palermo, che hanno aperto inchieste penali; il pg della Cassazione che assieme al ministro della Giustizia è titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati; la prima Commissione del Csm, che ha poteri di trasferimento delle ”toghe” per incompatibilità ambientale e funzionale.



GLI OMISSIS

Il procuratore di Napoli Colangelo ha aperto un’inchiesta penale, al momento senza indagati, e avrebbe già trasmesso al pg della Cassazione Ciccolo preliminari notizie utili agli accertamenti disciplinari. Perché le conversazioni tra Renzi e Adinolfi dell’11 gennaio del 2014 non sono state stralciate per essere distrutte, come pare avessero ordinato i pm titolari dell’inchiesta Cpl poi trasferita a Modena per competenza? L’informativa dei carabinieri del Noe, che riportava le intercettazioni nel corso delle quali Renzi esprimeva sull’allora premier Letta giudizi poco lusinghieri (”non è capace”) e ipotizzava col generale della Gdf possibili strategie politiche, è stata infatti trasferite agli inquirenti di Modena senza i necessari omissis. E poi pubblicata sui quotidiani. Chi è stato il ”passacarte”? Stando a una prima ricostruzione, sembrerebbero esserci alcune differenze tra l’informativa del Noe in possesso dei cronisti di giudiziaria e quella agli atti del fascicolo della procura di Napoli. Elementi troppo labili, al momento, per individuare la ”manina” e, soprattutto, per comprendere se si debba guadare con maggiore sospetto in ambienti della polizia giudiziaria o della magistratura.



GLI INDAGATI

Se gli ascolti tra Renzi e Adinolfi andavano per legge distrutte perché irrilevanti ai fini dell’inchiesta, più difficile (o paradossalmente più semplice, a seconda dei punti di vista) è sbrogliare l’”affaire” del colloquio riferito dal settimanale L’Espresso tra Crocetta e Tutino nel corso del quale il medico avrebbe augurato all’ex assessore alla Sanità Lucia Borsellino di saltare in aria come il padre. L’esistenza di quell’intercettazione è stata smentita, nell’ordine, dai procuratori di Palermo, Caltanissetta e Messina. Non solo. I due giornalisti autori dell’articolo sono stati indagati dalla procura di Palermo: Piero Messina per calunnia e pubblicazione di notizie false, Maurizio Zoppi solo per questo secondo reato. La calunnia è stata contesta perché l’ufficiale di polizia giudiziaria indicato da Messina come fonte della rivelazione avrebbe smentito tutto. Per quanto Messina e Zoppi abbiano messo a verbale la loro fonte ma che, anzi, si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere, la posizione dei due giornalisti indagati sembrerebbe farsi difficile anche dinanzi all’Ordine dei giornalisti della Sicilia che li ha convocati. Pare infatti che il ”venticello” sul contenuto di quel colloquio tra Crocetta e Tutino circolasse da tempo tra i cronisti giudiziari palermitani. Ma nessuno si sarebbe azzardato a pubblicare alcunché in presenza di sole smentite. L’onere della prova ora toccherà all’Espresso, al quale Crocetta ha fato causa per un risarcimento anni di 10milioni di euro.
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