Renzi blinda l'Italicum: «Pronto alla fiducia»

Renzi blinda l'Italicum: «Pronto alla fiducia»
di Marco Conti
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Venerdì 27 Marzo 2015, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 12:01
ROMA «Si va avanti a manetta». Il sottosegretario sguscia dal corridoio che porta all'aula di Montecitorio. Sostiene di aver parlato poco prima con Matteo Renzi di legge elettorale e della riunione della direzione del Pd di lunedì prossimo. «Io non mi faccio incastrare», gli ha confidato il premier «che - sostiene il sottosegretario - non ha ancora mandato giù le accuse di arroganza e cesarismo» che la minoranza interna una settimana fa gli ha scagliato dalla convention dell'acquario di Roma. Renzi è pronto a giocarsi tutto, insomma. Al punto da non escludere di porre la fiducia.



FATTORE D'ALEMA

Gli sarebbero bastate le bordate di D'Alema per capire che la sinistra del Pd continua a considerarlo «un intruso» e che non c'è disponibilità a discutere nel merito le riforme, a cominciare da quella elettorale (calendarizzata alla Camera il 27 aprile), perchè l'obiettivo della frastagliata area riformista «è solo riprendersi il partito e indebolire il governo». Il vantaggio accumulato sinora dà a Renzi una buona dose di tranquillità. I dati sull'economia cominciano ad invertire il segno, ed è per questo che, per non offuscare la sua leadership, il premier evita di restare impantanato in discussioni con la minoranza del Pd (legge elettorale) o con il Ncd (mini-rimpasto). Il nodo del successore di Maurizio Lupi al ministero delle Infrastrutture ha tutta l'aria di essere sciolto solo dopo le elezioni regionali di fine mese quando saranno chiari i pesi dei partiti che compongono la maggioranza. Sulla legge elettorale «si decide seguendo lo statuto», ricorda il sottosegretario Lorenzo Guerini. Quindi niente ”conclave” degli eletti del Pd, come chiesto dalla minoranza interna, ma discussione in direzione e voto il cui esito «impegnerà tutti». Certamente, spiega Guerini, «si farà poi una discussione anche nei gruppi ma a partire dall'impianto deciso in direzione». E' evidente che la linea che uscirà dalla direzione non ammette dissensi. Tantomeno giustifica un voto di coscienza che, come sostiene Matteo Orfini, «è stato riconosciuto a chi ha votato in modo difforme dal gruppo sul ddl di riforma del Senato. Ma non c'è invece sulla legge elettorale, che è un tema politico».

Talmente politico da spiegare la volontà del premier di approvare la legge elettorale in via definitiva prima delle elezioni regionali. In questo modo - si ragiona a palazzo Chigi - il successo del governo si ripercuoterebbe sulle percentuali che il Pd a fine maggio raccoglierà nelle sette regioni dove si andrà al voto. La sfida del Rottamatore, rivolta alla minoranza del suo partito - non ammette pareggi anche se dovrà vedersela con una manciata di voti segreti al termine dei quali si capirà la consistenza dei franchi tiratori. Gianni Cuperlo, leader della minoranza interna, ritiene ancora possibile una trattativa perchè «le sorprese possono esserci sempre». A giudicare dalle parole del ministro Boschi, nell'uovo di Pasqua renziano non sembra esserci ciò che spera la sinistra del partito che punta a ridurre i capilista bloccati e ad introdurre la possibilità di coalizzarsi al secondo turno. «Discutiamo ma poi la minoranza si adegui», è la linea che palazzo Chigi ribadisce con estrema durezza, lasciando ai bersaniani il dilemma sul partecipare o meno alla riunione di lunedì. Il presidente del Consiglio è convinto che il problema non sia di merito. Guerini conferma i sospetti del premier quando ricorda che «il testo non nasce oggi, ma è frutto di mesi di discussione e ci sono state modifiche che hanno tenuto conto anche delle proposte della minoranza e su cui c'è un accordo di tutta la maggioranza». A sentire i renziani l'obiettivo della sinistra è quello di battere l'Italicum alla Camera in modo da riportarlo a palazzo Madama dove i numeri della maggioranza sono particolarmente esigui.



SCALE

Le rassicurazioni di Cuperlo che punta a modificare il testo promettendo un percorso «veloce e compatto» al Senato, non bastano al premier che non intende mutare il testo anche per non precludersi i voti di Forza Italia. A Montecitorio non sono pochi gli azzurri che ritengono «un suicidio» l'abbandono del patto del Nazareno e che sono pronti a scommettere sull'intenzione del premier di salire gli scaloni del Quirinale, qualora l'Italicum dovesse finire impallinato a Montecitorio. L'intenzione del premier resta quella di far iniziare la discussione sulla legge nell'ultima settimana di aprile per concluderla nella prima di maggio. Un timing che si concluderà a ridosso della campagna elettorale delle elezioni regionali nella quale il Pd deve risolvere più di un problema interno.