Scajola, casa con vista sul Colosseo: reato prescritto per l'ex ministro

Scajola, casa con vista sul Colosseo: reato prescritto per l'ex ministro
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Venerdì 31 Ottobre 2014, 17:29 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 19:25

L'accusa di finanziamento illecito si prescriveva in questi giorni e i giudici della seconda corte d'Appello di Roma hanno, quindi, dichiarato il non potersi procedere nei confronti dell'ex ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. Dopo l'assoluzione del gennaio scorso davanti al giudice monocratico perché l'ex ministro «era inconsapevole» di quanto accaduto, si conclude così il secondo grado di giudizio nella vicenda dell'acquisto da parte di Scajola di un appartamento in via del Fagutale, a pochi passi dal Colosseo a Roma.

«Questo processo ha causato tutto il casino nella mia vita», il commento dell'ex esponente del Pdl che era presente in aula e da alcuni mesi agli arresti domiciliari per un'altra vicenda giudiziaria, quella portata avanti dalla procura di Reggio Calabria e che coinvolge l'ex parlamentare Amedeo Matacena.

Nel processo sulla vicenda dell'acquisto della casa con vista Colosseo è imputato anche il costruttore Diego Anemome, la cui posizione è stata stralciata per un difetto di notifica ad uno dei suoi difensore.

Quest'ultimo in primo grado era stato prosciolto per sopravvenuta prescrizione.

Nei confronti di Scajola il procuratore generale, Otello Lupacchini, aveva sollecitato una condanna a tre anni. Nel suo atto di impugnazione della sentenza di primo grado il magistrato ha scritto che il pronunciamento del giudice monocratico «ci restituisce l'immagine di Scajola come un sesquipedale sprovveduto» una sorta di «Pinocchio in pugno, anziché agli assassini di collodiana memoria, ad un Gatto e la Volpe in vena di riservatissima beneficenza».

Una ricostruzione duramente contestata in aula dalla difesa dell'ex ministro che ha salutato con «soddisfazione» la decisione della corte presieduta da Luigi Luca. Per gli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito «c'è stata sostanzialmente una conferma del giudizio di primo grado, i giudici hanno rigettato la richiesta di condanna, non possiamo che essere soddisfatti».

Secondo l'accusa, l'imprenditore Anemone avrebbe pagato, attraverso l'architetto Angelo Zampolini, parte (circa 1,1 milioni di euro su 1,7 milioni) della somma versata nel luglio del 2004 dall'esponente del Pdl per acquistare l'immobile e avrebbe poi dato centomila euro per i lavori di ristrutturazione dell'appartamento.

La vicenda giudiziaria travolse l'allora ministro al punto che fu costretto a dare le dimissioni. Scajola disse che l'acquisto di quell'appartamento con vista sul Colosseo avvenne «a sua insaputa», una frase che divenne simbolo di una scandalo che colpì uno dei fedelissimi di Silvio Berlusconi.

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