Il cardinale Bassetti: «Servono riforme per i più umili»: ecco l'uomo che potrebbe guidare la Cei

Il cardinale Bassetti: «Servono riforme per i più umili»: ecco l'uomo che potrebbe guidare la Cei
di Franca Giansoldati
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Sabato 10 Maggio 2014, 10:58 - Ultimo aggiornamento: 11 Maggio, 21:57
La cultura dello scarto che sembra prevalere. Immigrati e poveri, come vuoti a perdere. Occorrono urgenti riforme strutturali capaci di rimettere al centro i poveri, la famiglia, gli ultimi. Gualtiero Bassetti, il cardinale che Papa Francesco vorrebbe presto alla guida della Cei, riflette su quello che vede ogni giorno, mescolandosi in mezzo alla gente. Il suo Manifesto inizia proprio da una parola: condivisione. Una inversione di rotta di tipo etico aiuterebbe l'Italia intera.



Eminenza, da uno studio di Bankitalia emerge che il 5% delle famiglie detiene la maggioranza delle ricchezze del Paese...

«La radice della crisi e delle crescenti disuguaglianze è, prima di tutto, nel cuore dell'uomo che spesso lascia che l'individualismo e l'egoismo prevalgano sul rispetto della dignità umana e sul bene comune. Al centro delle relazioni economiche a me pare sia stato posto il profitto, l'interesse di alcune holding; e l'uomo è finito per essere considerato alla stregua di una merce. Credo che la riforma strutturale più urgente sia quella di un'azione, di una prassi e di una cultura capace di mettere al centro la persona, la famiglia, la comunità, i piccoli, i poveri».



Di cosa ha più bisogno l’Italia?

«Direi di fraternità: sentire che l'altro non è un nemico, ma un fratello da accogliere, aiuta ad orientare l'esercizio della libertà, nella ricerca dell'uguaglianza e non della supremazia. Al contrario, mettere l'accento su una libertà senza fraternità si corre il rischio di svilirla nell'irresponsabilità; allo stesso modo, parlare di uguaglianza senza fraternità può divenire ideologico: è evidente che nessuno è uguale ad un altro. Solo se ci si sente fratelli, le diversità non competono, ma collaborano, acquistando valore uguale».



Lei insiste spesso sul concetto di condivisione. Perché?

«La narrazione evangelica della moltiplicazione dei pani aiuta a capire che non ci mancano le risorse: siamo, invece, privi della capacità di condividerle. Ci sono centinaia di appartamenti vuoti, tenuti sfitti per una serie di ragioni; ci sono grandi sprechi di generi alimentari, che finiscono nelle discariche; ci sono situazioni di privilegio che escludono i giovani; ci sono lobby che ostacolano l'intraprendere; ci sono stipendi e pensioni altissimi negli stessi settori in cui la paga-base è insufficiente a mantenere una famiglia. Se ci si guardasse intorno con la disponibilità a condividere qualcosa, si potrebbero tamponare tante situazioni difficili, nell'interesse dell'intero corpo sociale. Fortunatamente, questo già accade in tante famiglie e anche in molte aziende, ma potrebbe essere assai più diffuso e praticato».



Papa Francesco ha denunciato spesso la cultura dello scarto...

«Non parlarne o, peggio ancora, non fare niente è un'offesa all'amore di Dio e alla carità cristiana. Come non vedere nei milioni di rifugiati, di sfollati, che bussano alle porte di un Occidente ricco e sazio, la carne di Cristo? E come restare in silenzio davanti ai milioni di giovani che non hanno un lavoro e che, spesso, sono abbandonati dalle istituzioni tranne che dalle famiglie? Ecco, agli occhi di Dio, questi scarti non esistono, perché tutti godono di una eguale ed intangibile dignità umana. E la Chiesa non può rimanere indifferente o inerme davanti a queste sofferenze».



Il Papa ripete spesso che nella Chiesa non c'è spazio per arrampicatori e affaristi. Perché?

«È un argomento estremamente importante che non può essere eluso o considerato secondario. Anzi, direi che è centrale. La medicina alla tentazione del potere è racchiusa in un concetto semplice ma profondissimo: il servizio. Tutti i cattolici hanno un solo modello per servire: quello offerto da Gesù che non si è svolto tra suoni di fanfare e successi mondani. Gesù si è abbassato, si è concesso totalmente per amore nostro fino a morire sulla croce in mezzo a due ladroni. Questa è l'unica promozione che esiste nella Chiesa. Non c'è altra strada per fare carriera agli occhi di Dio».



L'Italia ai tempi di Papa Francesco come sta cambiando?

«Mi pare che il Papa non cessi di incoraggiare giovani, anziani, politici, lavoratori, insegnanti, donne a non darsi per vinti, ad impegnarsi in prima persona per il bene della società, a partire dagli ultimi. Il fatto che queste sue parole producano o meno effetti tangibili, dipende da come vengono accolte e praticate. A volte ho l'impressione che ci si fermi solo ad alcuni tratti del pensiero di Francesco, senza preoccuparsi di conoscerlo per intero».

Si parla di riforme nella Chiesa, uno dei punti più attesi e dibattuti è la comunione ai divorziati risposati.



Quale è la sua posizione?

«Che ci sia attesa è comprensibile: il numero di credenti (e praticanti) che si trova in tale situazione è rilevante ed è in crescita. Penso che debba essere cercata - e offerta - una risposta capace di tenere insieme tutti gli aspetti della questione; una risposta cattolica in tutti i sensi. Essa non potrà nascere come compromesso tra diverse istanze, ma come scoperta di una prospettiva squisitamente evangelica».



Francesco è più riformatore o rivoluzionario?

«È un uomo di Dio, che sperimenta e propone la forza rinnovatrice del Vangelo. I veri cambiamenti nascono prima nel cuore».
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