La Chiesa e il Sinodo tra progressisti e conservatori

di Lucetta Scaraffia
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Domenica 19 Ottobre 2014, 21:49 - Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 10:34
Chi ha vinto? I progressisti o i conservatori? È stata questa la lente attraverso la quale i media - tranne poche eccezioni - hanno analizzato l’esperienza del sinodo straordinario sulla famiglia appena concluso. Senza accorgersi che, da questo punto di vista, la vicenda sinodale ricorda quella delle “primavere arabe”: mentre gli osservatori progressisti plaudivano l’allargamento della sfera decisionale, sicuri che ne sarebbero seguite grandi aperture dottrinali e morali, la realtà ha rivelato che una situazione democratica, di fatto, faceva emergere soprattutto un consistente “partito conservatore” molto impegnato a contrastare ogni cambiamento.



Il documento finale, infatti, differisce poco - tranne che per i paragrafi “incriminati” sulla comunione ai divorziati risposati e sugli omosessuali - dai documenti espressi negli ultimi anni dagli organismi o dagli istituti preposti alla pastorale familiare, limato accuratamente di ogni punta diversa presente nella relazione del cardinale Erdo. Ma allora, durante il prossimo anno, si continuerà a lavorare ignorando i risultati dei questionari distribuiti nei mesi scorsi a cattolici di tutto il mondo, che rivelavano quasi ovunque una forte discrepanza fra la morale matrimoniale predicata e quella praticata?

Un risultato che, come minimo, avrebbe dovuto suggerire una seria autocritica nei modi in cui la stessa morale matrimoniale viene diffusa. È più facile, certo, invocare le colpe degli altri: l’individualismo esasperato, il consumismo, l’indifferenza delle istituzioni. Che senza dubbio ci sono, ma non sono certo una novità. Ci voleva un sinodo per denunciarli?



In qualche modo, la relazione finale sembra rifarsi in gran parte a un modello consolidato: il mondo esterno contro la Chiesa, fortezza di verità sotto assedio. Proprio quello che papa Francesco voleva evitare, come dimostra anche la sua richiesta, nel discorso conclusivo, a guardare la realtà. Guardarla con occhio interessato, e positivo: non è detto che tutto il nuovo sia male, non è detto che le sfide siano attacchi mortali.



Lo Spirito soffia ovunque, e quindi anche nella storia, non solo nella Chiesa. Quest’ultima può cogliere le indicazioni che provengono dalla società, e con profitto cambiare qualcosa al suo interno, come è avvenuto per la democrazia e la libertà di coscienza, per esempio. Anche un atteggiamento diverso verso l’omosessualità potrebbe rientrarci.

Papa Francesco, nelle sue conclusioni, parla di un “cammino di uomini”, e senza dubbio cammino di uomini è stato, e non nel senso di tutti gli esseri umani. Perché nel sinodo non si è sentita la voce di una donna – le coppie non sono una donna – e il documento finale risente molto di questa assenza: la parola “donne” vi ricorre pochissime volte al di fuori del generico “uomini e donne”, sempre in questo ordine, e compare solo in occasioni di debolezza e violenza.



Effettivamente la Chiesa fa molto, specie nei paesi poveri, per difendere la dignità della donna. Le donne non sono però solo esseri deboli da difendere. I padri sinodali sembrano avere ignorato che il perno forte della famiglia è la donna e che oggi, quando l’identità femminile è fortemente in crisi, è in crisi anche la famiglia. Le donne si sono convinte di poter avere tutto, carriera e famiglia, sicurezza affettiva e libertà sessuale, come effettivamente avevano avuto gran parte degli uomini fino a oggi.



Ma ora le giovani donne stanno pagando prezzi molto alti per averlo creduto: sempre più difficile formare una famiglia, avere dei figli, costruire quei rapporti durevoli che permettevano di affrontare la vita in modo meno duro. Anche perché è stato detto loro che davano troppo, che si sacrificavano mortificando le loro scelte individuali, e così sono state private delle profonde soddisfazioni emotive e morali che poteva offrire loro la vita di famiglia.

Come può esistere una famiglia se non c’è una donna che se ne assume il carico principale, lavorativo ed emotivo, come è stato fino a qualche decennio fa? I padri sinodali non se lo sono chiesto, pensando solo al tipo di accoglienza che possono offrire loro, come sacerdoti, e dimenticando invece quell’accoglienza quotidiana e amorosa che solo le donne sanno dare e che tiene in piedi le famiglie.



Non si possono curare i feriti - siano essi divorziati od omosessuali - senza riflettere sulle cause della guerra in corso. E quindi anche senza sentire la voce delle donne, delle emancipate occidentali e delle mortificate africane, delle disprezzate orientali e delle giovani che oggi incontrano enormi difficoltà, di tutti i tipi, nel fondare una famiglia.