Dal lusso a una cella di pochi metri. Resta a Regina Coeli Mauro Balini. A quarantotto ore dall'arresto il gip ha detto no alla scarcerazione del presidente del Porto Turistico di Roma accusato di aver pilotato il crack della società, la Ati Spa, che ha curato la realizzazione dello scalo di Ostia. Le sue giustificazioni («Nessuna bancarotta studiata, ma solo una vicenda economica complessa») non hanno convinto il giudice.
E' stata alleviata la misura invece degli altri tre arrestati sospettati di averlo sostenuto nella maxi frode, Massimo Amicucci, il commercialista Edoardo Sodano e l'avvocato civilista Sergio Capograssi, da ieri ai domiciliari.
L'ATTICO
A Balini è stato, inoltre, contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori, per aver intestato a società terze il prestigioso attico sul litorale in cui vive, anch'esso ritenuto sottratto alla Ati, e un lussuoso catamarano acquistato. Anche gli altri coindagati comunque hanno respinto le accuse. «Nell'interrogatorio davanti al gip» hanno dichiarato gli avvocati Tito Lucrezio Milella e Giorgio Martellino che assistono Capograssi, «il nostro assitito ha negato di aver avuto qualsiasi ruolo nel fallimento della società che ha realizzato il porto di Ostia per la quale egli aveva svolto esclusivamente attività professionale, cessata per altro tre anni fa, quale civilista, senza occuparsi di vicende societarie». Per la procura il disegno criminale di Balini invece sarebbe nato nel 2005 con la precostituzione di un credito nei confronti della Ati per oltre 28 milioni di euro. Società lasciata poi con un passivo di oltre 155 milioni.