Padre e figlio morti dopo Roma-Bayern, la mamma del bimbo: «L’ultimo selfie dallo stadio poi silenzio»

Padre e figlio morti dopo Roma-Bayern, la mamma del bimbo: «L’ultimo selfie dallo stadio poi silenzio»
di Morena Izzo
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Sabato 25 Ottobre 2014, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 12:06

Luana stringe in mano la foto del suo piccolo Cristian di 7 anni, che un incidente stradale sulla via Nomentana a Fonte Nuova le ha strappato via per sempre insieme al marito Stefano De Amicis di 38 anni.

La stessa foto, l'ultima, che proprio lui le aveva inviato sul telefono tramite Waths App, mentre erano ancora allo stadio Olimpico martedì scorso a vedere la loro squadra del cuore, la Roma, che giocava contro il Bayern Monaco.

Sorridono e la salutano in quella foto che Luana ha impostato come immagine del display sul cellulare. «È tutto quello che mi resta di loro» dice con un filo di voce, accarezzando e baciando quell'immagine.

La sciarpa della Roma sempre al collo, proprio come continua a fare lei, rannicchiata a casa, senza neanche la forza di parlare. L'abbracciano forte i parenti e gli amici che vanno a trovarla nella sua abitazione di via Alessandro Volta a Fonte Nuova e a casa dei suoi familiari dove viene ospitata. Si sono divisi in gruppi e si danno il cambio per non lasciarla mai da sola da quella terribile notte in cui lo scooter sul quale viaggiavano padre e figlio si è scontrato con un Opel Tigra sulla quale c’erano tre cittadini di nazionalità romena.

«Adesso devi farti forza per la tua piccola. Devi pensare a lei», riferendosi alla figlia più piccola, le sussurrano nell'orecchio con la voce bassa, le persone che si avvicinano a lei e la stringono forte. Luana, con il suo sguardo dolcissimo e gli occhioni verdi, ormai sempre rossi dal pianto, a stento riesce a restare in piedi. Li amavano tutti a Fonte Nuova. L'intera cittadina non si dà pace dal giorno dell'incidente e sarà a lutto il giorno del funerale che si terrà lunedì alle 12 nella chiesa Gesù Maestro a Tor Lupara. Ieri è stata effettuata l’autopsia sui corpi delle due vittime. La famiglia ha chiesto di non portare fiori, ma di fare una donazione in beneficenza. Stefano era sempre coinvolto in azioni di solidarietà.

Che ricordo ha di quella notte?

«Ero preoccupata. Lo ero ogni volta che andavano allo stadio e non ero con loro. Temevo scontri. Ed ero terrorizzata all'idea che Cristian potesse restare coinvolto in qualche disordine durante la partita. Sono sempre stata molto apprensiva, per questo chiedevo a Stefano di chiamarmi ogni volta che ripartiva dall'Olimpico per tornare a casa. Mi rassicurava questa cosa. Martedì invece, per la prima ed unica volta, non ho ricevuto nessuna telefonata, ma solo la loro foto tramite messaggio. Ci eravamo sentiti nel corso della partita. Questo sì. Mi avevano detto che procedeva tutto tranquillamente. Non dovevo preoccuparmi, quindi, eppure ero agitata perché prima di ripartire non li avevo sentiti. Così dopo un po’ ho provato a chiamarlo io, ma il telefono squillava a vuoto.

Quando ha saputo dell'incidente cosa ha fatto?

«Quando mi hanno detto quello che era accaduto mi sono precipitata in quella maledetta curva e Stefano già non c'era più. Lo avevano portato al Sant'Andrea. Ma per terra. Per terra c'era lui. Il mio piccolo angelo. Aveva solo 7 anni, vi rendete conto? Ho alzato quel telo bianco che copriva il suo corpicino ed era come se dormisse. Voglio avere questo ricordo di lui. Voglio continuare a pensare che si fosse addormentato. L'ho abbracciato. L'ho abbracciato forte, così come ho fatto con Stefano, una volta raggiunto all'ospedale. Troppo tardi, ormai. E' stato un massacro. Un massacro».

E' stata contattata dai tre cittadini romeni che erano a bordo dell'Opel Tigra?

«Ho paura di sentirli, di guardarli in faccia. Ho paura della reazione che potrei avere nel trovarmi di fronte l'assassino che ha annientato le nostre vite. Ero tentata di incontrarlo. Da un lato vorrei farlo, dall'altra temo troppo l'effetto devastante che questo potrebbe comportare per me».

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