«Ho visto mio padre morire due volte». Debora gli ha chiuso gli occhi, dopo averlo accompagnato fino all'ultimo respiro. Ma poi ha dovuto assistere a quella scena: la bara in cui entrava a malapena è crollata, ha ceduto. «Si è spezzata, appena l'hanno sollevata per portarla via si è sentito un tonfo. L'abbiamo dovuta portare in chiesa con una coperta per nascondere quello scempio». Eppure l'aveva detto, Debora Sebastianelli, 23 anni, figlia unica, che suo padre Maurizio era grande e grosso, e che ci voleva una bara rinforzata. Invece il legno si è aperto. Dice che per lei quella scena è stata un supplemento di sofferenza.
Aveva raccolto i soldi per il funerale, non li aveva, e si preparava all'ultimo saluto lasciando il dolore scorrere e stancarsi tra i pensieri di quante cose ci sono da fare prima della cerimonia.
IL RITARDO
La messa era fissata per le 15 nella chiesa di San Giuseppe a Boccea. Ma nel primo pomeriggio sei dipendenti dell'Ama si presentano in casa del defunto. Faticano a chiudere la bara, non è sufficientemente grande, forzano, spingono il corpo per farlo entrare. Poi il crollo. Ordinarne una nuova non era possibile, sarebbe stato necessario spostare il funerale. «Allora hanno poggiato il feretro su un foglio di zinco e sono riusciti a spostarlo, per nascondere la bara rotta gli abbiamo poggiato sopra una coperta. Uno spettacolo avvilente, guardavo mio padre e mi vergognavo: era stato sfortunato nella vita, morto a 52 anni d'infarto, lo era anche nella morte. La messa è iniziata in ritardo, il prete aspettava, quando siamo arrivati a Prima Porta era tardi per la sepoltura, l'hanno rinviata al giorno dopo. Ora voglio che i servizi funebri dell'Ama paghino per il danno fatto alla mia famiglia. Io ho chiesto i soldi in prestito per il funerale di papà e l'ho visto morire per la seconda volta».