Termini, la legalità alla stazione e i doveri dello Stato

di Paolo Graldi
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Mercoledì 30 Luglio 2014, 14:57 - Ultimo aggiornamento: 14:58
​Tanto tuon che piovve. Ricorriamo alla spiccia saggezza di un proverbio per accogliere con soddisfazione la notizia: oggi, a Termini, nei locali delle Ferrovie, si apre il tavolo dell’ordine e della sicurezza pubblica. Tema: lo scandalo della sicurezza nella più grande stazione italiana, portone della Capitale sul mondo. Un biglietto da visita sgualcito e strapazzato da una realtà quotidiana che si configura come scandalo degrado permanente. Le cronache di queste pagine instancabilmente e spesso in solitudine, hanno documentato la devastazione prodotta da una dilagante proliferazione di fenomeni di criminalità.



Un mondo di micro-violenza sotto gli occhi di tutti. Inestirpabile? Gli iter giudiziari verso i responsabili consentano loro di riprendere serenamente il servizio sul territorio prescelto in poche ore. Il «pizzo» imposto sui ticket, borseggi, scippi, mendicanti macilenti, accattoni di giornata e professionali. Il prefetto parla di «suk» alla cui sicurezza devono provvedere i commercianti, ma gli rispondono seccamente dalle Ferrovie che la sicurezza va garantita da chi ha la responsabilità dell’ordine pubblico. Insomma, ci pensi il Viminale.



E si studiano misure più severe, controlli, stretti varchi, occhi tecnologici per rispondere a una «priorità assoluta». Sul tavolo che si apre oggi non basterà constatare l’evidenza dei fatti, quello lo abbiamo già fatto e lo faremo noi: è indispensabile decidere in forme concrete, magari col bisturi, una tangibile ventata di legalità. Degrado o sviluppo? Lo sappiano anche a palazzo Chigi.