Donald Sutherland: così Hunger Games avvicina i giovani alla politica

Donald Sutherland in Hunger Games
di Andrea Carugati
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Mercoledì 19 Novembre 2014, 17:33 - Ultimo aggiornamento: 17:47
Può un film commerciale, destinato al pubblico giovane, avere anche una funzione sociale? Certamente, secondo Donald Sutherland, che per la terza volta interpreta il dittatore fascista President Snow nella saga di Hunger Games. Il canto della rivolta, parte prima, diretto da Francis Lawrence, che è anche l’ultimo film girato da Philip Seymour Hoffman, arriverà nelle sale domani e raggiungerà ancora una volta un vastissimo pubblico di ragazzi.



Ecco perché Donald Sutherland, il protagonista di M*A*S*H e Novecento di Bernardo Bertolucci, ha fortissimamente voluto farne parte. «Ci ho visto sin da subito, sin dal primo film, uno scopo importante. Uno scopo sociale e politico – dice l’attore - Il mio, all’inizio era un ruolo insignificante, ma non m’importava, volevo far parte di qualcosa che avrebbe potuto cambiare la mente delle giovani generazioni, che erano apatiche e ferme, almeno prima del fenomeno di Occupy Wall Street».



Guarda caso il movimento degli Indignati aveva adottato, quale simbolo, la maschera di un altro film commerciale: V per vendetta, tratto da un fumetto e destinato al pubblico giovane. «I ragazzi da 40 anni a questa parte non hanno fatto molto – continua Sutherland - muoiono molto, questo sì. Prima in Vietnam, poi in Iraq, ma non hanno preso molte iniziative politiche negli ultimi tempi e questa serie di film mi è sembrata l’occasione per risvegliare le coscienze. Ricordo me da giovane guardare Gillo Pontecorvo, ne La battaglia di Algeri: catalizzato dalle convinzioni che questi registi ti trasmettevano. Ho pensato che Hunger Games potesse parlare ai giovani, mandando gli stessi messaggi, con diversi linguaggi».



Questo terzo film della saga vede la protagonista Katniss, interpretata dal premio Oscar Jennifer Lawrence, mettersi a capo di un gruppo di giovani decisi alla ribellione nei confronti della dittatura del Presidente Snow. «Katniss è Giovanna D’Arco – continua Sutherland – È geniale, è politica e sono incredibilmente grato che i romanzi della Collins siano diventati film. Ad Arundhati Roy, scrittice indiana che scrisse Il Dio delle piccole cose, tempo fa venne chiesto come mai non aveva acconsentito che venisse tratto un film dal suo libro e lei rispose che era già un film nell'immaginazione delle sei milioni di persone che lo avevano letto. Sbagliava. Un film è più crudo dell'immaginazione e quindi colpisce di più. Questa serie di film, ha portato e porterà i giovani ad avvicinarsi alla politica, li porterà a votare».



Sutherland è convinto anche di un’altra cosa: che lo scenario dipinto da Suzanne Collins nei libri, e poi ripreso nei film, non sia immaginazione di un futuro possibile ma rielaborazione allegorica del presente. «Credo sia un ritratto straordinario del mondo attuale nel quale viviamo. E non parlo di terre lontane, parlo degli Stati Uniti d’America, dove migliaia di bambini, ancora oggi, vanno a dormire con la pancia vuota, senza aver fatto cena».



Donald Sutherland ha una passione travolgente per la politica. «La fame di oggi ha origini antiche. Nel 1959 quando John Fitzgerald Kennedy era candidato per la presidenza degli Stati Uniti, suo fratello Robert fece un viaggio negli stati del sud, per preparare la campagna elettorale. I Kennedy erano del Nord-Est, erano molto ricchi, non avevano mai viaggiato in queste aree. Robert Kennedy al ritorno raccontò di aver incontrato gente affamata e di essere rimasto scioccato da quello che vide. Commissionò una ricerca, che divenne un libro, non so in quanti l'abbiano letto, ma io lo feci. Il libro s’intitolava Let them eat promises, facciamogli mangiare le promesse. Se non fossero stati uccisi, JFK e Bob, loro forse ce l'avrebbero fatta a fare diventare questo, un posto migliore».
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