The sea of trees, la storia sul bosco dei suicidi non è all'altezza di Gus Van Sant

The sea of trees, la storia sul bosco dei suicidi non è all'altezza di Gus Van Sant
di Fabio Ferzetti
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Sabato 16 Maggio 2015, 17:56 - Ultimo aggiornamento: 29 Maggio, 08:35
Anche gli aspiranti suicidi hanno le loro mète preferite. Per i giapponesi, e non solo per loro a quanto pare, il posto ideale in cui togliersi la vita è la foresta di Aokigahara, ai piedi del Fujiyama, anche nota come ”Il mare d’alberi”: 35 chilometri quadri di rocce vulcaniche, caverne e alberi così fitti da non far passare il vento. Associata ai dèmoni nella mitologia giapponese, e frequentata dalle anime dei defunti secondo le credenze popolari, Aokigahara verrebbe scelta ogni anno da un centinaio di persone in media per porre fine ai loro giorni.



Tanto che ultimamente il governo giapponese ha deciso di non divulgare più questi dati per contrastare il sinistro appeal della foresta. Senza grande successo in apparenza... Un luogo simile poteva sembrare l’ideale per Gus Van Sant, grande talento con un dono speciale per esplorare la frontiera tra la vita e la morte. Elephant, sulla strage di Columbine (palma d’oro a Cannes), o Last Days, sugli ultimi giorni di Kurt Cobain, ma anche Gerry, Paranoid Park, il remake di Psycho e - perché no? - perfino il lontano Da morire, con Nicole Kidman, facevano di Van Sant il candidato ideale a dirigere un film ambientato nella foresta di Aokigahara.



Invece, sorpresa: The Sea of Trees, con Matthew McConaughey, Naomi Watts e Ken Watanabe, è una delusione. Un film corretto, ben fatto, pieno di belle musiche e belle immagini, ma convenzionale e perfino retorico nel taglio e nei toni del racconto.
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