Giordania, il Castello delle Mille e una notte salvato dai restauratori italiani

Giordania, il Castello delle Mille e una notte salvato dai restauratori italiani
di Laura Larcan
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Mercoledì 22 Ottobre 2014, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 16:54

La sua fama di principe, e poi di califfo, fu tale nel mondo islamico da essere rievocato persino nelle novelle delle Mille e una notte. Nelle storie che intreccia Sharazade, infatti, viene ricordato come esempio di generosità e lealtà. Il principe Walid Ibn Yazid, o Walid II, il califfo della dinastia omayyade (la prima dopo l’avvento di Maometto) che regnò per poco più di un anno tra il febbraio del 743 e l’aprile del 744 d.C. (quando venne assassinato a 38 anni in una congiura) fu una personalità poliedrica e affascinante, colta e raffinata.

E non è un caso che Qusayr ’Amra (il cui nome significa “piccolo castello”), il palazzo con complesso termale che fece costruire nella regione desertica tra la Siria, Giordania e Palestina, caposaldo sulle rotte commerciali e risorse idriche, risente e riflette la sua magnificenza.

Ed è qui che entra in gioco la sapiente scuola di restauro italiana. Perché le meraviglie di Walid II sono tornate a risplendere proprio grazie alla missione di salvataggio che l’Istituto superiore per la conservazione e restauro del Ministero per i beni culturali e turismo conduce dall'aprile 2011, sotto la guida Giovanna De Palma e Carlo Birrozzi.

L’operazione, frutto della collaborazione con il Dipartimento delle Antichità del Regno di Giordania e il World Monuments Fund, è ora al centro del convegno internazionale, in corso oggi e domani, dal titolo “The Colours of the Prince. Conservation and Knowledge in Qusayr ’Amra” e organizzato dall’Iscr, e che vede la partecipazione anche della principessa Wijdan Bint fawaz Al Hashemi. Il titolo dell’evento è un chiaro riferimento agli straordinari risultati di questa lunga, complessa, appassionata campagna di restauro.

Il team dell’Iscr ha infatti lavorato sul famoso ciclo di dipinti murali che rivestono come un’epidermide l’intero edificio nel deserto giordano (85 chilometri a est di Amman), quasi 380 metri quadrati di figure. Opere (patrimonio Unesco dal 1985, sopravvissute a secoli di abbandono e alle occupazioni dei beduini del deserto) che appaiono ora tra i più belli e pregiati del cosiddetto periodo Omayyade, e che hanno la particolarità di essere gli unici dipinti con figure umane nell'arte islamica, in contrasto alla nota tendenza aniconica che non riproduce forme umane (considerate peccato di idolatria contro Allah). Protagonista riprodotto è proprio il califfo Walid II e la sua corte.

Ne vengono raccontate gesta e passioni intellettuali, scene di caccia e attività di piacere, donne danzanti, artigiani al lavoro, un sovrano in trono e sei figure regali, interpretate come un sovrano cinese, un turco o induista, l’imperatore persiano Cosroe, l’imperatore di Bisanzio, il negus d’Abissinia e il re visigoto Rodrigo. Un repertorio figurato (l’unico di datazione così alta, ben conservato e ancora in situ) capace di evocare una cultura-ponte tra l'antico Mediterraneo e il nascente Islam. Siamo agli albori della dominazione islamica, quando la cultura è ancora aperta alle influenze ellenistico-bizantine del mondo Mediterraneo.

L'attribuzione al califfo Al Walid è frutto proprio del cantiere di restauro italiano. Perché nel 2012, durante le ripuliture, è stata scoperta un'intera iscrizione in cufico antico che lo cita: “Allahumma aslih al-Walid ibn Yazid”, che significa “O Allah, rendi virtuoso Al Walid, figlio di Yazid”. Non solo, ma l’assenza nell’iscrizione della formula usata per i califfi omayyadi sembra indicare che i dipinti del suo “piccolo castello” siano stati realizzati durante il lungo periodo in cui Walid era principe ereditario e non califfo, vale a dire durante il regno di Hisham bin Abd el-Malik, lo zio di Walid, l’odiato zio, di cui Walid fu il contrastato erede (723-743 d.C.). All’arrivo degli italiani, il ciclo dei dipinti era molto danneggiato. Ora davvero risplendono i colori del principe.

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