Filosofia, alla ricerca del senso della comunità nella società degli iper-media

Filosofia, alla ricerca del senso della comunità nella società degli iper-media
di Carmine Castoro
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Sabato 14 Marzo 2015, 18:38 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 16:41
Nell’attuale mondo degli iper-media, delle mappe genetiche e di modelli invasivi di condizionamento psicologico e artificializzazione della vita, che oggi ha rappreso il nostro “senso della comunità”, rattrappito le possibilità stesse dell’azione, frullato il patrimonio delle nostre idee e delle nostre parole rispetto ai più canonici orizzonti di significazione, è come se una gigantesca “macchina mondiale del freddo” avesse centrifugato affettività, memorie, il senso dell’esistenza, congelando ogni narrazione del mondo, riducendo i suoi osservatori ad una condizione di perdita, di assenza di familiarità, di atarassia dello sguardo.



Se ne è parlato questa mattina al Teatro Sala Umberto in un convegno dal titolo "L'era del post-umano: Ideologia, Tecnica e Società nel XXI secolo" : il Circolo Proudhon Roma - organizzatore dell'evento in collaborazione con il quotidiano online L'Intellettuale Dissidente - è così riuscito a riunire intorno ad uno stesso tavolo ospiti italiani e internazionali. Al panel erano presenti il professor Paolo Becchi, il noto saggista francese Alain De Benoist, la professoressa Giuseppina Barcellona, nipote di Pietro Barcellona, dell'Università degli Studi di Enna "Kore", il celebre giornalista transalpino di Le Figaro Eric Zemmour, il filosofo Diego Fusaro, il deputato del Movimento 5 Stelle Tiziana Ciprini.



A quali derive ci porterà l’imperante tecnocrazia dei mercati globali, del turbo-Capitalismo, la frenesia di una mutazione febbrile, fine a se stessa molto spesso, sperimentalista e spontaneista, altamente bio-ingegnerizzata, che sembra aver dimenticato le ragioni dello stare insieme e l’ipotesi di un nuovo spirito aggregativo fra esseri umani? A queste inquietanti domande, metafisiche e politiche, hanno provato a rispondere gli illustri ospiti. Un dato di base poco confortante è certo: una nuova mancanza di profondità dovuta in particolar modo agli “abissi superficiali” del simulacro mediatico e televisivo, ad una nuova palpabile “intensità” senza spessori né alterità, una destituzione della semplice temporalità personale, collettiva e progettuale, tutto un dirompente potenziale tecnologico che va ad incastonarsi perfettamente nell’apoteosi del Neutro della tarda Modernità, sembrano aver spezzato i classici modelli della filosofia, dell’arte, dei sentimenti (interno/esterno, autentico/inautentico) e costretto il soggetto ad un affliggente senso di impotenza, ad un’esperienza di sé non più monadica e centrata, nemmeno relata ed empatica, ma frattale e orbitale.



Se ne è accorto benissimo il giovane filosofo Diego Fusaro, docente di Storia della Filosofia presso l’Università Vita-San Raffaele di Milano, che, sulla scorta di una sua forte riscoperta del pensiero hegeliano e marxiano (e forse talvolta tradendo un po’ la lettera del pensiero di un grande sovversivo come Deleuze) ha sentenziato: “Individualismo sfrenato e omologazione sotto il segno della merce si rivelano, ancora una volta, fenomeni apparentemente antitetici e, in verità, segretamente complementari della prima società della storia umana che, nel nome della tutela delle differenze e dell’irriducibilità dell’individuo, ha completamente livellato l’umanità in un amorfo coacervo di atomi seriali e reciprocamente interscambiabili, nel gregge anonimo degli ultimi uomini sazi e felici della volgarità divenuta mondo. La stessa distruzione della famiglia che si sta oggi verificando con intensità sempre crescente si inscrive in questo orizzonte. Se la famiglia comporta, per sua natura, la stabilità affettiva e sentimentale, biologica e lavorativa, la sua distruzione risulta pienamente coerente con il processo oggi in atto di precarizzazione delle esistenze. Anche in questo, per inciso, il pensiero hegeliano si rivela dissonante rispetto al presente. Come sappiamo, infatti, Hegel teorizza la stabilità professionale e quella affettiva di tipo familiare come fondamento dell’eticità, là dove il capitalismo assoluto dissolve entrambe. Più precisamente, rimuovendo la stabilità lavorativa tramite il precariato, rende, di fatto, impossibile il costituirsi del nucleo familiare”.



Tema caldissimo e di grande urgenza per le giovani generazioni, sempre più “flessibilizzate” per dirla alla Sennett (altro importante sociologo evocato al convegno), marginalizzate dal mercato del lavoro, e decentrate dalla costituzione di un asse affettivo per mancanza di denaro, prospettive, sicurezze e ammortizzatori sociali. Sicché sempre più spesso si avverte che la dimensione più squisitamente antropologica e di ricerca di senso, in mezzo agli altri, in compagnia degli altri, sia un atomo impazzito, una cinghia di distribuzione, un pistone che stantuffa impietoso nel cuore elettronico di una Macchina che ci sovrasta e ci schiaccia, energumena e irrefrenabile, all’interno della quale sembra fortemente ampliata la volta celeste delle nostre chance esistenziali, ma forse, più realisticamente, sottostimato il potenziale di violenza e persuasione occulta.



Se questo è lo spartiacque (e il grande spettro che aleggia sulle nostre coscienze), allora, potremmo dire che si aprono due bacini fluviali: l’accettazione di una legittima opera innovatrice delle tecnologie, delle sue disgiunzioni e ricombinazioni, e di una autogestione completa dei propri destini, oltre i miti e le gerarchie fondative di una cultura ormai passata, e sempre nel pieno rispetto della dignità dell’uomo; e, d’altro canto, un ritorno salvifico a un Ordine e a una Normalità che ne arresti la piena, in nome di un valore sempiterno di ciò che rappresenterebbe la famiglia, l’etica, l’Organizzazione sociale, l’Individuo con la O e la I maiuscole.



In questa chiave tradizionalista e neo-con, sicuramente la posizione di De Benoist che ha detto: "L'ideologia del genere si fonda sul concetto di genere, ma gli attribuisce un nuovo significato. Operando una dissociazione netta tra il genere e il sesso biologico, sostiene che l'identità sessuale non dipende per alcun aspetto dal sesso, ma solo dai ruoli sociali attribuiti agli individui attraverso l'educazione o la cultura. L'identità sessuale sarebbe il risultato di una mera costruzione sociale, assolutamente non condizionata dal sesso biologico o dall'appartenenza a un sesso. I comportamenti differenziati di entrambi i sessi non sarebbero innati o "programmati" in alcun modo. L'esistenza dei sessi non è negata tout court, ma non è più considerata un fattore determinante dell'identità sessuale: la mascolinità e la femminilità si fondano esclusivamente sulla percezione soggettiva che ogni individuo ha della propria identità".



Ha ragione allora Becchi quando sostiene che “siamo entrati nella terza rivoluzione tecnologica, la software revolution: non possiamo fermarla, ma abbiamo il dovere di controllarla. Il post-umano avanza a ritmo sostenuto proprio grazie allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e della biologia di sintesi. La nascita di nuove specie, prodotte dall’ibridazione del dato biologico con l’intervento tecnologico, non è solo il trailer di un film di fantascienza. La filosofia postumanista esiste già, fiorisce all’estero come nel nostro Paese".

E se sia un fiore odoroso e variopinto, o una pianta carnivora che fa un boccone dei nostri palpiti, dei nostri respiri, solo un grande dibattito mondiale, critico e non ideologico, potrà svelarlo.