Romanzo minorile La Roma bruciata delle baby squillo

Romanzo minorile La Roma bruciata delle baby squillo
di Leonardo Jattarelli
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Sabato 24 Gennaio 2015, 06:04 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 11:15
È tutto normale. Tutto apparentemente normale. Le quattordici-quindicenni vanno a scuola, frequentano le strade di una Roma apparentemente normale, dai Parioli a Piazza del Popolo. Parlano il linguaggio un po' “sbracato” dei teen di oggi, ma che vuoi che sia. Hanno sempre un po' di soldi in tasca, ma è normale, no? Sono belle, bellissime, sode, appariscenti, volgari, anzi spesso molto volgari ma lascia fare, cresceranno. Eppure noi già sappiamo che fine faranno, che inferno conosceranno, che vita butteranno, quali ferite si porteranno nell'anima e nel corpo perché questa “normalità” è l'abisso che non vogliamo vedere, che non vogliamo ci appartenga. Jenny si ribella ad una madre inattendibile, nella sua stanza i graffiti alle pareti parlano chiaro «croci celtiche, cuori, stralci di canzoni e una scritta più grande delle altre “amore e coltelli affilati”» e grida «ditemi a chi me devo rivolge' pe' sfanculare il mondo…». Servono soldi, serve la “bumba”. La tua rivoluzione vuole che ti metta in mostra: «La fama si misura anche così, quando tra i cellulari dei pischelli gira il tuo video mentre lo fai», ne è sicura Fairy, che vomita in bagno mentre a casa sono tutti troppo indaffarati e un po' più giù Malphas si porta dietro il nome di un demone, i suoi genitori borghesi hanno voluto così; a diciotto anni per lui «Dux imperat» e l'assistente sociale non c'ha capito niente. Malphas scrive: «La strada l'affronti in branco», frequenta CasaPound…





MINORENNI

La cronaca questa generazione dannata ce la sbatte in faccia tutti i giorni e l'autore del romanzo Professione Lolita, il giornalista e scrittore Daniele Autieri lo sa bene. Perché lui questa cronaca l'ha scritta per “La Repubblica”, ha raccontato delle baby squillo dei Parioli e dell'arresto di Fusco, il fotografo delle minorenni. Il suo libro è una sceneggiatura volutamente “sbracata” perché vivida, una sorta di graphic novel dove le parole dei personaggi-schiavi e dei padroni-papponi e dei clienti-criminali non trovano “segni” di redenzione.



I suoi e i nostri ragazzi buttati per strada vengono risucchiati nel vortice dell'apparire, del mostrare, dell'avere a tutti i costi: soldi, potere, tette grosse «come quelle di Elisa che fa la cubista al Gilda» e allora «fare le verginelle non paga» e si va su Internet, si organizzano gli incontri «“Lolita cerca papi. Oggi mamma non è in casa”, una sola frase, nessuna foto» quanto basta. Autieri lascia tutto come sta, come è giusto che sia perché purtroppo non c'è bisogno di inventare nulla. K. il fotografo della baby squillo scatta e vende; i giudici, gli imprenditori, i politici affamati di carne giovane comprano, buttano sul piatto migliaia di euro e champagne e buste di coca. Il nucleo investigativo si dà da fare, il capitano dei carabinieri Marchesi ha anche lui un passato da dimenticare quando in borgata lo chiamavano Markio e oggi forse vuole riscattarsi cercando di salvare il salvabile.



Pagine come presse, come rulli vorticanti quelle di Autieri che premono sugli occhi perché fa male leggere che una madre quarantenne, di bell'aspetto, sfrutti sua figlia per pagarsi il vizio delle slot machine. E invece Franca sta lì, a ricordare alla giovanissima Lalla che «sei una puttana. Magari un giorno la vita cambierà, ma fino ad allora ricordati di tua madre e di quello che ha fatto per te. E, soprattutto, portami altri soldi».



Cronache di “morti” annunciate, illusioni di potere: «Ama chi ti ama. Lama chi ti infama».