Il nuovo vocabolario del “broken heart”, fra tastiere e mouse

Il nuovo vocabolario del “broken heart”, fra tastiere e mouse
di Carmine Castoro
4 Minuti di Lettura
Giovedì 26 Marzo 2015, 04:46 - Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 15:57
C’è chi scruta compulsivamente i post su Facebook dell’amato o dell’amata per cercare di carpirne segreti inconfessati e pezzi di un passato scarsamente considerato.

Chi pratica effrazioni di segreterie telefoniche per ricostruire frequentazioni ed eventuali distrazioni del “lasciante”. Chi seccamente scarica il partner diventato all’improvviso fonte di noia e di fastidio con un semplice sms sul cellulare, e tante grazie per il tempo trascorso insieme.



Per non parlare del film “Lei” (2013) dove un uomo, Theodore, si innamora come se niente fosse di Os1, un sistema operativo declinato al femminile e in grado di interagire con gli umani, che diventa la sua fidanzata vocale, il suo amore algoritmico fino a esiti parossistici; o dell’altro film “Men, Women & Children” (2014) dove i risvolti esistenziali di adulti e adolescenti sono come ineluttabilmente inzuppati di videogiochi rigorosamente No Real Life, siti di incontri e di escort, messaggistica istantanea, foto messe in Rete, in una sorta di e-mindfulness che tocca tutti e a tutte le età, con le solitudini e le incomunicabilità che fanno da braciere sotto il ghiacciaio delle interazioni più veloci e scaricabarile.



Non c’è niente da fare, l’epoca multimediale e interattiva che ci avvolge come un dolby pulsionale ha unito in una perversa cinturazione le più avveniristiche tecnologie con il più arcaico, eruttivo, incostante e inspiegabile dei sentimenti umani: l’amore. Con implicazioni seduttive talvolta, ma spessissimo grottesche e fortemente limitative della complessità che ci portiamo dentro.

“La mostruosità Facebook, creata da Zuckerberg per gestire e modellare le nostre emozioni a suo uso e consumo, fa sì che abbiamo preso dalle sue semplificazioni di nerd parole che dovrebbero essere intangibili alla banalizzazione: amicizia, legami, amori, simpatie. Così, siamo convinti di esercitare un vero “commercio” con le persone che ci interessano e non ci accorgiamo del filtro che questo commercio consente”.



Franco La Cecla, antropologo di chiara fama internazionale, analizza col suo solito savoir-faire linguistico e una spiccata sensibilità sul tema, il nuovo vocabolario del “broken heart”, fra tastiere, mouse, ma anche antri psicologici, eventi inattesi che una relazione di coppia insinua nelle nostre difese, nuove partiture esistenziali che i battiti del cuore, le condivisioni domestiche, la nascita di un figlio e anche le più drammatiche separazioni comportano per l’identità di una persona. Il mistero o l’imputato, chiamiamolo come vogliamo, resta sempre lui: l’amore. Con le sue ambigue dinamiche psicanalitiche e quel senso di perdita e di abbandono, quella “caduta di tono”, ci dice La Cecla, che ci pervade quando ci ritroviamo soli, quando il nostro compagno o la nostra compagna ci impone il più classico due di picche, e cominciamo a vedere in lui/lei un nemico, un espropriatore, un animale da preda che vuole solo farci del male.



Il problema allora non sono solo i “surrogati di presenza” che Internet infiltra nella nostra carnalità, nel nostro stare insieme, ma tutta una fantasmatica dell’amore stesso che, forse, previene e scavalca ampiamente gli spettri della Rete e le sue nebulose. Perché ancora più insondabile e irreversibile come solo gli slanci della passione romantica, erotica sanno essere. Sicché, ci avverte il professor La Cecla, nonostante nella società odierna possiamo avvalerci di capacità sopraffine di negoziazione in sede legale, di comunicazione a livello di relationship, di tutela giuridica, incivilimento delle maniere e attenuazione dei conflitti, un “buco nero” rimane: a quali forze attingere nel momento in cui dopo tante carezze, notti trascorse insieme, progetti, emozioni, affetti, attenzioni, piaceri e responsabilità, la persona su cui avevamo fatto affidamento per il sereno prosieguo della nostra vita ci tratta in modo inerte, come un carico morto, una remissione, un rifiuto da stoccare.



Ne esce un libro-vademecum dolce ma non docile, di grande ampiezza letteraria e fenomenologica, che riesce in una coraggiosa specillazione del “mal d’amore”, quella che vuole guardare in faccia questo morbo mutante della nostra felicità a due, senza giudicare e condannare, senza imporre modelli moralistici e senza, soprattutto, appellarsi a un’idea trascendente e risolutiva del “voler bene”, come se, appunto, tutto dipendesse da scelte deliberate, pianificazioni della coscienza, e non da un susseguirsi di tenebre e scintille che ognuno si porta dentro e di cui non potrà mai dirsi luminare o fuochista. La Cecla non dimentica la società che – sottolinea con un piccolo omaggio a Bauman – sembra scaricare sul privato ciò che non riesce a risacralizzare a livello di norme etiche e comportamentali collettive.



“Questo libro vuole farci avere un po’ più di simpatia per i guai che ci provochiamo o che accettiamo di provocare”. Il campo di verità più plausibile quando maneggiamo gli ingredienti altamente infiammabili del sogno e della contingenza.





Franco La Cecla (Palermo 1950), antropologo e urbanista, ha insegnato Antropologia culturale a Berkeley, Parigi, Venezia, Bologna e Milano. Autore di molti saggi sull'antropologia del quotidiano, presso Elèuthera ha pubblicato “Mente locale, per un'antropologia dell'abitare”, “Non è cosa, vita affettiva degli oggetti”, con un percorso visivo di Luca Vitone, “L'Ape, antropologia su tre ruote”, con un percorso visivo di Melo Minnella, “Saperci fare, corpi e autenticità” e “Modi bruschi, antropologia del maschio”.



Franco La Cecla “Lasciarsi” (Elèuthera, pagg. 167, euro 15)