Loredana Bertè, stasera in concerto all'auditorium: «Il mio sogno? Un duetto con Vasco Rossi»

Loredana Bertè, stasera in concerto all'auditorium: «Il mio sogno? Un duetto con Vasco Rossi»
di Marco Molendini
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Lunedì 28 Luglio 2014, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 08:30

Qualche anno fa a Sanremo Loredana ci aveva spaventato. Rimessa in pista alle bell'e meglio dopo un periodo di vuoto dall'ex marito di Anna Oxa, Behgjet Pacolli, oggi presidente del Kosovo, quasi non parlava, timorosa di tutto e di tutti. Oggi è un fiume in piena, basta accenderla e non si ferma, pronta a viaggiare senza complessi nei suoi ricordi. «E' vero, sto meglio. Finalmente ho trovato chi ha investito su di me, anche se non troppo, e posso fare un bello spettacolo. Ci voleva, perché io sono contenta solo quando sto sul palco. E' una valvola di sfogo necessaria che allontanata tutte le angosce».

Solitudine?

«La musica è la mia vita, tutto il resto è una noia mortale. Non ho amici. Non uso internet, non ho il telefonino. Quando chiamo nessuno mi risponde perché dal telefono di casa, un vecchio Sirio, appare numero sconosciuto. Solo Renato Zero lo fa: so che sei tu, l'unica che non ha il cellulare, mi dice. Ma a casa c'è da impazzire. In tv fanno film stracotti, ho imparato a memoria tutte le serie di Fox Crime. E leggo sennò m'ammazzo».

Cosa legge?

«Biografie. Einstein, Allen Ginsberg, Bukosky, Baudelaire».

Ha un certa predilezione per le vite avventurose.

«Sono le più interessanti, specie quando si parla di gay».

Anche lei quanto ad avventure non ha scherzato, specie sul fronte sentimentale.

«Non sono stata fortunata. Il primo matrimonio con Roberto Berger è durato due giorni. Non sapevo che fosse miliardario, figlio del proprietario del caffè Hag. Pagavo sempre io.

Quando il padre scoprì che c'eravamo sposati gli intimò: «O l'eredità o la tua cantante rock». Indovina che scelse?».

Con Borg è andata anche peggio.

«L'unico vantaggio di questi matrimoni è che non ho mai dovuto cambiare il nome sul citofono. Sono rimasta sempre L.B. Il guaio è che sono ancora la signora Borg per la legge. Impossibile divorziare, non si trova. L'ho pure denunciato all'interpol. Deve soldi a tutti, è un furbo e si nasconde. S'è mangiato quasiasi cosa con la droga, a livelli industriali. Non ho mai capito perché negli aeroporti non l'hanno mai fermato. La droga è stata la ragione principale per cui l'ho cacciato a calci».

Quel matrimonio ha stoppato la sua carriera.

«Ho lasciato tutto, l'Italia e il lavoro, perché pensavo che sarebbe stato il padre dei miei figli. Ho vissuto sei anni in Svezia, mentre lui faceva l'ambasciatore del Re. Andavamo a corte, ma loro non mi vedevano bene. Oppure siamo andati a Tienamenn o alla Casa Bianca da Bush, dove c'era quel deficiente del figlio, George. Rompeva sempre le scatole per giocare a tennis al circolo. Bjorn doveva perdere, così lui faceva bella figura e rimorchiava. Ricordo un giorno, aveva piovuto, in cui obbligò la scorta formata da agenti della Cia e dell'Fbi ad asciugare il campo con il phon».

Dovendo scegliere, qual è il ricordo più bello della sua vita?.

«Quando ho vissuto un anno a New York per fare il corso d'inglese alla Berlitz. Era alla fine degli anni 70. Cucinavo la pasta per Andy Warhol nella sua Factory, frequentavo lo spazio che aveva aperto Fiorucci, ogni tanto vedevo il boss della mafia Genovese. Pelè, anche lui studiava alla Berlitz, mi veniva a prendere la mattina e, invece che andare a lezione, ce ne andavamo in giro. A un certo momento, arrivò pure Fellini con la Masina. Lei era impazzita per una lavanderia al quarantesimo piano, lui voleva andare in una discoteca dove si ballava coi pattini».

Insieme ai ricordi ci sono i rammarichi. Lei è la donna del rock italiano, una sorta di Vasco al femminile. Solo che lui ora riempie gli stadi.

«Se lo merita. Ma per una donna non sarebbe mai stato possibile, siamo sempre penalizzate. Vasco non è un grande cantante ma ha incontrato uno staff che ha subito creduto in lui».

Le piacerebbe cantare con lui?

«Magari. Ma c'è una mafia pazzesca non ti fanno arrivare a lui. Comunque vado avanti per la mia strada, anche se ho sprecato tanto. Certo mi piacerebbe avere un palco pazzesco. L'altro giorno ho cantato con Emma, ha un palco da Hollywood. Lei è forte, ha una bella testa, è un cavallo di razza».

Lei ne ha fatte di cose in musica.

«Ho scoperto il Brasile vero prima di tutti con l'album Jazz. I Manhattan transfer l'hanno sentito e rifatto pari pari con i miei tagli e le mie stesure ed è diventato numero uno in tutto il mondo. Ma sono stata la prima anche a incidere reagge in Italia. Ero stata a Kingston e una sera seguendo la corrente sono arrivata in uno stadio dove c'era uno che cantava Exodus. Bob Marley ho comrato tutti i suoi dischi e li ho dati a Mario Lavezzi che poi ha scritto E la luna bussò».

Prima parlavamo dei rammarichi.

«Uno su tutti. Non essere stata vicina a mia sorella Mimì quando quei fetenti dicevano che portava jella. Era un periodo in cui viaggiavo molto, anzi troppo. Lei invece era tornata a Bagnara calabra a cucire le reti dei pescatori. L'ho trascurata e lei ne ha risentito, perchè il nostro nucleo familiare eravamo noi due, non certo la famiglia. Anzi speravamo sempre che nostro padre se ne andasse e invece non succedeva. Così, a un certo punto, ce ne andammo noi. Sbarcammo a Roma e diventammo un trio con Renato Zero. Andavamo al Piper e una sera arrivò Don Lurio e disse: te, te e te, venite con me a via Teulada. E con Rita Pavone diventammo i collettoni».

Ora Loredana è in tour e stasera è all'Auditorium con un concerto che racconta i suoi 40 anni di musica. Due ore e mezzo di spettacolo: «E' una bomba, canto tutti i miei successi obbligatori. In più canto Acqua che non faccio da una vita e Re, quella della pancia finta a Sanremo, poi Folle città, La tigre e il cantautore, Robin Hood. E, intanto, pensa al nuovo disco: «E' già pronto ma mi hanno detto che è top secret, è un album scritto tutto da un autore giovane ma già famoso. A coprodurlo è Phil Palmer».

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