Kevin Spacey in House of Cards:
«Io, un uomo avido di potere»

Kevin Spacey in House of Cards: «Io, un uomo avido di potere»
di Marta Valier
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Sabato 12 Aprile 2014, 14:33 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 15:10
LOS ANGELES - Kevin Spacey Francis Underwood in House of Cards, una serie televisiva unica (almeno per ora) nel suo genere. Prodotta dalla piattaforma online Netflix e resa disponibile ai fruitori in un sol boccone, la serie racconta la vita del capo della maggioranza alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, un uomo guidato da un’indomabile brama di potere, e della sua relazione con la moglie Claire (interpretata da Robin Right), donna di ghiaccio che lui ama “come gli squali amano il sangue”.







Come è rimasto coinvolto in House of Cards?

Da una conversazione col regista David Fincher durante le riprese di The Social Network, pellicola che io ho prodotto. Fincher cominciò a interessarsi ai diritti di questo thriller politico di Michael Dobbs, già adattato dall’inglese BBC negli anni Novanta, con enorme successo. Volevamo adattarlo per il pubblico statunitense.



Lei ha vinto un Oscar per la sua interpretazione in American Beauty, perchè un attore affermato come lei passa dal grande al piccolo schermo?

Gli artisti vanno dove trovano spazio per la loro creatività. Il cinema americano nell’ultimo decennio ha prodotto solo film d’azione e le pellicole basate sui protagonisti dei fumetti. Il cinema non offre ruoli drammatici, che di solito sono i più interessanti. In televisione invece abbiamo visto la comparsa di serie come The Sopranos, Six Feet Under, Dexter, Mad Men, Game of Thrones e Breaking Bad. I network televisivi e le case cinematografiche hanno lo stesso obiettivo, fare soldi, ma i primi hanno imparato a rischiare.



Quindi fra cinema e tv vincerà la seconda?

Impossibile prevedere. Ma sparirà la differenziazione tra piattaforme. Conterà solo la qualità del contenuto, non importa quanto lungo, se visto al cinema o su un iPad in treno. Le definizioni servono solo agli avvocati che devono firmare i contratti, ma per la nuova generazione non ha nessuna importanza. Possiamo imparare qualcosa dal mondo discografico: diamo al pubblico quello che vogliono, quando lo vogliono e ad un prezzo ragionevole, e magari invece di rubarlo lo compreranno.



Com’è stato lavorare con Netflix?

Bellissimo, non avevano mai prodotto nulla per conto proprio, ci hanno dato piena libertà artistica. È molto difficile trovare un produttore disposto a rischiare in questo modo, a lasciare a briglia sciolta il talento dei registi e degli attori. Per esempio, nessun altro network avrebbe accettato la scena d’apertura, quella in cui Francis strozza con le proprie mani un cane appena investito.



Come descrive il suo personaggio, Francis Underwood?

Diabolico ed efficiente.



Cosa c’è in comune tra Francis e la sua ultima interpretazione teatrale di Riccardo III di William Shakespeare?

Le loro motivazioni sono le stesse: potere, complotto, tradimento e vendetta. Ed entrambi rompono la quarta parete per parlare direttamente col pubblico.



Possiamo definire la relazione tra Frank e la moglie Claire (Robin Wright) di natura perversa ?

Questa è la sua opinione. Ho amici che pensano sia una relazione molto seducente.



Cosa ne dicono di questa serie a Washington D.C.?

Che è il film che più si avvicina alla corretta rappresentazione della vita politica americana.



Lo pensa anche lei?

Sì, conosco l’ambiente. Quando ero al liceo chiudevo le buste delle lettere di Jimmy Carter. Ho lavorato per John Anderson, Ted Kennedy e per Bill Clinton. Li ho seguiti sui pullman durante le loro campagne presidenziali e sono stato alla Casa Bianca.



Come si è preparato alla parte?

Ho letto le biografie di quei politici noti per essere dei bastardi, pronti a tutto pur di ottenere i voti necessari. Penso a Lyndon Johnson, era diabolico, ma molto efficiente ed è riuscito a far passare tre leggi sui diritti civili.



Di cosa si occupa la Kevin Spacey Foundation da lei creata?

Della formazione di attori. Da bambino amavo leggere e andare a teatro. Insieme a un mio amico, per gioco, abbiamo disegnato su un tovagliolino un teatro che avremmo aperto un giorno. Si sarebbe chiamato Trigger Street, il nome della via in cui abitava il mio amico. Trigger Street adesso è il nome della mia casa di produzione e fino al 2015 sarò impegnato a tenere in vita l’ Old Vic, storico teatro londinese. Sono fortunato perché faccio quello che ho sempre desiderato, ma ci sono riuscito grazie a qualcuno che mi ha aiutato.



Chi?

Jack Lemmon è stato il mio maestro, la mia figura paterna. Mi vide recitare quando avevo 13 anni. Disse: ”Sei bravissimo, vai a studiare recitazione a New York”. Cosi feci e riuscii a lavorare con lui per molto tempo, è stato un maestro eccezionale. La cultura non dev’essere un bene di lusso. Con la fondazione organizziamo workshop, dove entro in contatto con fantastici attori, quando ancora non sono diventati famosi.



Chi per esempio?

Set Numrich (che ora recita a teatro insieme a Kim Cattrall in Sweet Bird of You), Kit Harington (Games of Thrones) e Colin Farrell. Lo presentai io al suo primo agente. Questa è la parte che amo di più del mio lavoro, scovare i giovani talenti, o le loro storie andranno perse per sempre.
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