Spopola Grindr, l'app per gli appuntamenti gay

Spopola Grindr, l'app per gli appuntamenti gay
di Antonio Bonanata
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Giovedì 18 Dicembre 2014, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 20 Dicembre, 15:51
«Ho creato una cosa che volevo usare io»: Joel Simkhai confessa di non credere molto alle parole, preferisce le esperienze visuali. E la sua creazione si basa completamente sull’immagine. È Grindr, “il macinatore” (chissà di cosa…), l’app per utenti Apple e Android dedicata ad incontri per soli uomini (gay, bisex o semplicemente “curiosi”). Sfruttando il GPS dello smartphone, Grindr localizza i profili di altri utenti e la relativa vicinanza. Oggi conta 4 milioni di iscritti in 192 paesi, compresi Afghanistan, Iran, Iraq e Ghana, dove l’omosessualità è un reato o un peccato (spesso entrambe le cose) e viverla alla luce del sole può comportare gravi rischi per la propria incolumità.



Joel Simkhai oggi vive in una mega villa sulle colline che dominano la città degli angeli, un cubo bianco di 15mila metri quadri complessivi, con tre camere da letto, due bagni, un pergolato e una piscina ovale. Abituale frequentatore dei locali gay della zona, questo 38enne israeliano trapiantato in California ha ideato e lanciato Grindr quasi sei anni fa, con l’aiuto di uno sviluppatore di software scandinavo e un prestito da duemila dollari. L’idea gli ha fruttato una fortuna, soprattutto per averla adattata alla felice intuizione per cui la totalità di ciascun essere umano si possa riassumere in una foto con le dimensioni di un’anteprima, accompagnata da un testo di presentazione non più lungo di 140 caratteri. Basta un tocco sullo schermo e appaiono a cascata una serie di riquadri, corrispondenti ciascuno a un profilo. Selezionandone uno, si può chattare, inviare foto o la propria posizione. Con la promessa, se le cose vanno bene, di rimediare un buon appuntamento. «Non dico che la bellezza interiore non sia importante» spiega Simkhai «ma ciò che vedi porta a desiderare e ad essere desiderati».



«Pensavo a cosa c’era lì fuori, prima» racconta dal suo ufficio nella sede di Grindr - un edificio di West Hollywood - riferendosi alle app che hanno preceduto la sua invenzione. «Craiglist era così anonimo ed esplicito, lì non avevi davvero alcuna identificazione. Non c’era la tua faccia e probabilmente neanche la tua vera identità». Simkhai voleva quindi qualcosa che corrispondesse di più alle sue necessità, voleva avere la possibilità di mostrarsi con il proprio viso. «Abbiamo riflettuto molto se rendere in qualche modo obbligatorio per gli utenti l’uso della propria foto, anziché quelle di gatti o paesaggi, anche perché questi scatti di panorami mi fanno davvero andare fuori di testa».



Dietro la sua scrivania c’è una teca con una serie di maschere, compresa quella che indossava Hannibal Lecter ne Il silenzio degli innocenti, un omaggio al simbolo di Grindr, che è appunto una maschera. Se questa app non ha rivoluzionato il mondo degli appuntamenti online, è pur vero che vanta diversi tentativi di imitazione (i cui nomi sono Scruff, Mister, Hornet, Jack’d). Ha inoltre ricevuto molte critiche per i tanti difetti tecnici, oltre a fornire molto materiale per i moralisti, che l’hanno accusato di incitare alla misoginia e al razzismo. La blogger Choire Sicha l’ha definito “il più grande e spaventoso bar gay del mondo”.



Il suo fondatore rifiuta l’etichetta di “app per incontri”, anche se si fa fatica a pensare che non sia proprio questo, soprattutto considerando l’iniziativa che è venuta in mente a un artista di Berlino: a settembre ha lanciato il progetto “Save the date”, con cui si è impegnato ad organizzare ogni giorno per un anno intero un appuntamento a sfondo sessuale con un partner diverso. Un altro artista, lo scorso ottobre, ha montato un’istallazione in cui le sue conversazioni spinte venivano proiettate al pubblico a tutto schermo. Il titolo della pièce era “Ci divertiamo?”.
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