L'Aquila: il primo consiglio sembra un galà
Torna il Crocefisso, emozionano Biondi e Tinari
Il racconto di una giornata storica

L'Aquila: il primo consiglio sembra un galà Torna il Crocefisso, emozionano Biondi e Tinari Il racconto di una giornata storica
di Stefano Dascoli
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Sabato 15 Luglio 2017, 16:27 - Ultimo aggiornamento: 17:16

L'AQUILA - E' tutto un trionfo di completi e tailleur, di camicie bianche e giacche blu alla moda, di abiti preziosi ed eleganti, con qualche azzardo (la caviglia scoperta di Fabrizio Taranta, il codino di Elia Serpetti). Il primo consiglio sembra un gran galà e in parte è anche giusto così perché il cambiamento pare davvero epocale. Ci sono giovani che sembrano alla prima liceo (Leonardo Scimia, Francesco De Santis, Luca Rocci), c'è il consigliere anziano, Emanuela Iorio, che prova a stemperare la tensione («Sottolineo che è così non certo per motivi anagrafici»), c'è persino chi arriva tardi (il veterano Ferdinando Colantoni). Ma c'è anche chi, come Carla Cimoroni, sfida un po' i canoni, presentandosi in jeans e t-shirt evocativa sul dramma dei migranti: «Fermiamo la strage subito, proteggere le persone, non i confini».

Nel pomeriggio si saprà che, a detta di Abruzzoweb, addirittura questa «solenne seduta» è stata a rischio per un blocco informatico risolto solo nella notte. Alla fine, però, tra parenti ammassati in una platea insolitamente foltissima (quanto durera?), macchinette fotografiche, cineprese insolenti che finiscono per addirittura per filmare le schede, accuse di spoglio non regolare (l'onnipresente Benedetti via social), dirette Facebook, selfie e foto di gruppo (se ne scattano alcune anche la senatrice Federica Chiavaroli e il coordinatore di Fi Nazario Pagano), questo primo consiglio sarà ricordato soprattutto per il ritorno in aula del Crocefisso (salutato con soddisfazione da Cioni, Confcommercio, che aveva intrapreso un'aspra battaglia contro la rimozione) e per l'emozione, franca e genuina, del presidente eletto dall'assise, Roberto Tinari, e del sindaco Pierluigi Biondi. Due discorsi, i loro, apprezzati e lungamente applauditi perché alti, intrisi di significati evocativi.
Il sindaco, dopo aver giurato, dice una serie di cose di grande effetto. Come l'ultima di esse: «Vi garantisco che questa casa sarà sempre la casa di tutti i cittadini e mai di qualcuno in particolare, perché questo è il tempio civile di questa città e il tempio, come diceva un poeta, è sacro perché non è in vendita».

E ancora: «Questa fascia la indosso io ma la portiamo tutti assieme. Dobbiamo sentire il peso e la responsabilità che comporta, perché con questa fascia portiamo il peso delle lacrime e del dolore degli aquilani, ma anche della loro tenacia e speranza. Su questa fascia grava il sacrificio dei nostri padri e del futuro dei nostri figli. Non è più tempo di divisioni, di polemiche: è il tempo del lavoro, della passione, dell'abnegazione, è il tempo di restituire un sorriso ai tanti aquilani che, dobbiamo esserne consapevoli, hanno grandissime aspettative. Quando sarà in discussione il ruolo dell'Aquila metteremo da parte le bandiere di partito e rialzeremo la bandiera neroverde. Chi è forte si garantisce da solo, a chi è debole dobbiamo pensare noi. Posso assumere l'impegno - conclude Biondi - che lavoreremo e lavorerò in assoluta trasparenza, in assoluta onestà, come mi è stato insegnato dalla mia famiglia, da cui ho ricevuto insegnamenti di onestà e libertà». Tinari è altrettanto enfatico. Addirittura chiude in stile God bless America: «Con l'aiuto di Dio ricostruiremo una città più forte».

 

Il richiamo a Dio è plastico con un segno della Croce sotto il Crocefisso tornato in aula. «Ricordiamoci sempre che i nemici non sono in questa aula, non potranno mai esserci. Gli aquilani dovranno tornare protagonisti dei lavori di questo consiglio. Non ci sarà spazio solo per chi è mosso da cattive abitudini. Non occorrono super uomini, ma persone normali. La città è fortificata dal dolore del post terremoto, insieme saremo più forti di prima». Ci sono passaggi molto emozionali. Il ricordo di Claudio Porto («Prima degli altri aveva compreso il senso alto e vero della politica aquilana, in mezzo alla gente, tra gli ultimi») e Stefano Vittorini, il ringraziamento alla madre, il monito ai giovani: «Siate liberi e non servi, non si scende mai dalla Croce». La sua elezione (al terzo scrutinio con 21 voti) non fa registrare falchi e sussulti. Così come quella dei vice Angelo Mancini ed Ersilia Lancia. Il tempio ha aperto le sue porte.

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