Appalti, l'indagato intercettato: «Ho aiutato mio figlio? Così fan tutti, che reato è»

Appalti, l'indagato intercettato: «Ho aiutato mio figlio? Così fan tutti, che reato è»
di Stefano Dascoli
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Venerdì 21 Luglio 2017, 09:31
«Voi potreste interpretarla come un reato, ormai è diffusa in città, è diffusa in Italia… quanto volete, però qui me lo dovete ancora spiegare quale è la cosa che… non ho capito… cioè che ho fatto un reato? L’aver aiuto mio figlio… non lo posso fare? Mi spiegate dove… qual è?». Berardino Di Vincenzo, ex segretario ad interim del Mibact abruzzese, all'Aquila, si sfoga in auto, da solo. Il tema è centrale nell’inchiesta che ha portato a scoperchiare un “sistema” di gestione degli appalti post terremoto che aveva il suo cuore proprio nel Mibact. Riguarda gli incarichi di favore, utilizzati come moneta di scambio per le assegnazioni dei lavori, per la redazione di perizie di variante o semplicemente per ottenere il pagamento delle parcelle, tornaconti personali messi davanti all’interesse pubblico, quello di una ricostruzione celere e di qualità.

Caso emblematico, in questa vicenda melmosa che ha gettato un’ombra pesantissima sulla rinascita della città, viziata da corruzione, favoritismi, artifici e raggiri, è quello del teatro comunale. Il centro della cultura aquilana, il luogo simbolo della fervida attività che da sempre ha contraddistinto L’Aquila, palcoscenico calcato dai più grandi della storia. Ebbene, addirittura il “meccanismo” messo in piedi era arrivato a “progettare” una chiusura incompleta dei lavori, un modo per costringere la stazione appaltante a firmare un’estensione degli stessi o a indire una nuova gara. In parole povere: dai cinque milioni e rotti di assegnazioni, si doveva passare a dieci, il doppio. Con un allungamento dei tempi evidente. E, intanto, L’Aquila aspetta.
 
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