Pescara, morto Gabriele Pomilio: tra sport e pubblicità, fu l'artefice del miracolo pallanuoto

Pescara, morto Gabriele Pomilio: tra sport e pubblicità, fu l'artefice del miracolo pallanuoto
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Lunedì 22 Maggio 2017, 15:55 - Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 20:49
È morto questa mattina all'ospedale di Pescara dove era ricoverato da qualche giorno Gabriele Pomilio, 79enne dirigente sportivo pescarese, ed artefice del «miracolo» della pallanuoto Pescara, protagonista negli anni novanta e duemila a livello italiano ed europeo con la conquista di tre scudetti, e della Coppa Campioni con la che poteva contare in vasca di campioni quali Manuel Estiarte, Marco D'Altrui, il figlio Amedeo Pomilio, Amedeo Bovo, Francesco Attolico e i fratelli Calcaterra. Il Pescara ha vinto con Pomilio direttore sportivo tre scudetti 1986-87, 96-97 e 97-98, una Coppa Campioni (1998), e poi per 5 volte la Coppa Italia, e poi ancora per 3 volte la Coppa delle Coppe, una Coppa Len e 2 Supercoppe.

Gabriele Pomilio è stato tante cose per Pescara. Così lo raccontava la nostra Mila Cantagallo nella rubrica “C'era un ragazzo" sull'edizione cartacea del Messaggero:

La sua famiglia ha scritto pagine di storia pescarese: il padre Amedeo come fondatore della distilleria Aurum, lui come creativo nella pubblicità e dirigente nella pallanuoto. Gabriele Pomilio ha quasi 79 anni, portati con la grinta del leone che è sempre stato. Potrebbe godersi il meritato riposo nel suo elegante appartamento affacciato sul mare a Francavilla, ma: «Mi chiamano sempre per chiedermi consigli sulla gestione delle squadre» protesta. Del resto, parlano chiaro 3 scudetti, 5 Coppe Italia, una Coppa Campioni, una Coppa Len, 2 Supercoppe e 3 Coppe delle Coppe. I ricordi dell’ex general manager della Sisley Pescara pallanuoto cominciano dalla guerra che lo ha strappato, insieme ai fratelli Vittorio e Oscar, ad una infanzia felice: «Ci rifugiammo in campagna a Ripa Teatina, poi arrivammo a Chieti a piedi sottraendoci fortunosamente ai proiettili dei tedeschi durante il percorso. Ci offrì ospitalità una famiglia, mi affezionai a un agnellino allevato dai padroni di casa. Il giorno di Pasqua lo cercai inutilmente e fu un trauma scoprire la fine che aveva fatto. Dopo il conflitto tornammo a Francavilla. L’Aurum era semidistrutto, mio padre trovò 4 o 5 soldati tedeschi sbronzi annegati nel liquore fuoriuscito dalle botti su cui gli stessi militari avevano sparato. Per un periodo io e i miei fratelli ci trasferimmo a Roma da uno zio benestante, ma un po’ tirchio. Mangiavamo solo piselli. Tornammo a Pescara dove i nostri genitori ci iscrissero al collegio Cristo Re. Nel primo giorno di scuola, i miei fratelli scavalcarono la recinzione e scapparono, io non ci riuscii e venni picchiato dai preti. Fummo spostati al Ravasco dove si respirava terrore».

Gabriele è un discolo: «Alla media Tinozzi lanciavo pietre contro le finestre, al liceo classico facevo scherzi ai docenti. Contavo tutti i “vero” pronunciati dal professore di italiano Pedone e una volta scandii il suo intercalare con un fischietto». Gabriele pratica il basket sulle orme del fratello campione Vittorio, poi si converte alla pallanuoto: «Iniziai a 13 anni, giocavamo davanti allo stabilimento Alcyone. Ricordo una partita delle giovanili Pescara-Lazio durante la quale scoppiò un nubifragio, ci trasferimmo sul litorale sud dove non pioveva e proseguimmo la gara».

Lo sport porta Gabriele Pomilio a Roma dove suo compagno di squadra è Carlo Pedersoli, il celebre Bud Spencer: «Era enorme e buono, diventammo subito amici e la sera ci divertivamo». Nel frattempo l’atleta venuto da Francavilla si laurea in giurisprudenza e, grazie allo zio romano, viene assunto in banca: «Non ero un gran lavoratore ma avevo tanti amici tra gli impiegati e mi schieravo sempre dalla parte dei più deboli. Tra i nostri clienti c’erano Alberto Sordi, che già allora badava molto al risparmio, e Anita Ekberg. Neanche da bancario avevo perso la mia vena giocosa. Una mattina avevo le tasche della giacca piene di petardi acquistati per andare ad una festa la sera. Entrò in ufficio il mio capo e feci scoppiare un mortaretto che incendiò un mucchio di cambiali!».

Gabriele Pomilo entra nel mondo della pubblicità con l’inganno benevolo di un amico: «In banca fu scoperto un grosso ammanco, il gruppo di azionisti argentini per cui lavorava mio zio si ritirò ed io venni licenziato. Un mio amico firmò a mio nome un contratto per la creazione di un’agenzia di comunicazione a Pescara, era convinto che fossi la persona adatta a quel lavoro». Nasce la Pomilio Blum, con l’originale logo del rinoceronte, che presto acquisisce clienti prestigiosi come Motta, Colussi, Evian, Birra Moretti. La straordinaria avventura da dirigente di pallanuoto comincia nel 1967. «Alle Naiadi si era appena costituita la Libertas pallanuoto - racconta - con l’allora presidente dell’Azienda di soggiorno Carboni, i dirigenti Prandstaller e Vizioli. Io a quel tempo facevo anche l’allenatore ed ero molto severo, arrivavo anche a dare frustate agli atleti ma tutti alla fine mi hanno ringraziato. Quando Filippo Carboni divenne presidente dell’ente gestore delle Naiadi, mi diede carta bianca e la società iniziò il suo percorso di crescita». Nel dream team pescarese brilla anche il figlio di Gabriele, Amedeo, oggi allenatore. Pomilio entra come team manager nella nazionale italiana che rastrella allori. Fasti che per la pallanuoto attuale Pomilio considera irripetibili: «I tempi sono cambiati ed economicamente tutto è più difficile». E il rinoceronte? «Amo questo animale, ne ho più di 400 di tutti i colori e materiali, mi piacerebbe creare un museo che a Pescara sarebbe un’attrazione per le scuole ed i turisti ma nessuno mi ascolta…».
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