Studente di 23 anni resta invalido:
«Colpa dei medici, risarciscano»

Studente di 23 anni resta invalido: «Colpa dei medici, risarciscano»
di Gianluca Lettieri
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Domenica 14 Gennaio 2018, 21:11
È diventato invalido dopo che gli hanno tolto un pezzo di polmone e una parte della pleura. Per il paziente, uno studente di 23 anni, è colpa dei medici: «Se la diagnosi fosse stata giusta, non avrei dovuto subire una complessa operazione chirurgica e i conseguenti danni», sostiene nel ricorso con cui chiede un maxi risarcimento da 515 mila euro. La Asl ribatte: «Non c’è alcuna responsabilità colposa dei sanitari che lo hanno preso in cura». Il caso è arrivato in Tribunale, davanti al giudice civile Fabio Papa: ora sarà un medico legale, durante il cosiddetto accertamento tecnico preventivo, a stabilire se esiste un nesso di causalità tra «l’evento lesivo e la condotta medica». LA RICOSTRUZIONE È il 4 settembre del 2016 quando Antonio (chiameremo così il paziente per tutelarne l'identità), studente fuori sede dell’università d’Annunzio, comincia ad avvertire un forte dolore alla base del polmone destro. Le fitte gli tolgono il respiro e decide di andare al pronto soccorso di Chieti. Lo studente ha il numero dei globuli bianchi alterato e viene chiesta una consulenza a Malattie infettive, al termine della quale viene diagnosticata una sospetta mononucleosi. Il paziente rifiuta il ricovero. «Sono andato a casa perché mi è stato comunicato che restare in ospedale sarebbe stato inutile», fa presente il giovane nel ricorso redatto dall’avvocato Giuseppe Ursini. «Il medico del pronto soccorso ha consigliato comunque il ricovero ospedaliero per altri accertamenti che veniva però rifiutato», sostiene invece la Asl, che si è affidata all’avvocato Stefano Azzariti. Fatto sta che, il 7 novembre del 2016, Antonio raggiunge nuovamente il reparto di Malattie infettive: i dolori sono sempre più forti e torna in pronto soccorso. Qui, nel tardo pomeriggio, viene scoperto un ascesso polmonare. A questo punto scatta il ricovero per sospetta tubercolosi. Dopo aver eseguito tutti i controlli - si legge sul ricorso del paziente - i medici giungono alla conclusione che non è un caso di tubercolosi, ma un inizio di pleurite. Indagini più specifiche permettono di accertare che si tratta di «ascesso polmonare basale destro». L’11 novembre Antonio viene sottoposto a un intervento chirurgico di «asportazione e demolizione endoscopica di lesione o tessuto di polmone; decortazione del polmone; altra asportazione della pleura; toracotomia esplorativa e drenaggio intercostale». Per l’Inps, è scritto sempre sul ricorso, Antonio è invalido al 50 per cento, «per cui il paziente non può definirsi guarito ed è certo che si porterà l’invalidità per tutta la vita. Cosa che gli sta procurando ulteriori danni esistenziali». Il ricorrente parla di «errata diagnosi non conforme alle linee guida della buona pratica clinica». La Asl replica: «Se il paziente avesse accettato il ricovero ospedaliero, la persistenza dei sintomi ed eventuali altri segni clinici certamente potevano indurre a eseguire una Tac al torace, che allora avrebbe trovato giustificazione». La parola passa al Tribunale e al suo consulente per accertare le responsabilità.
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