Cool Britannia
di Cristina Marconi

Le spie che non vanno al freddo. Londra rafforza la sua intelligence, ma vuole hackers più che 007

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Lunedì 23 Novembre 2015, 20:29 - Ultimo aggiornamento: 20:28
 Se hanno messo delle scritte sui marciapiedi di Shoreditch, quartiere giovane e modaiolo di Londra, vuol dire che i servizi segreti britannici hanno cambiato strategia. E che andare a cercare le nuove reclute tra i soliti genietti di Cambridge o Oxford non basta più per capire il mondo contemporaneo. Ci vuole altro, ci vuole diversità, soprattutto in una società molto stratificata come quella britannica, dove appartenere ad una certa classe sociale rischia di essere un serio limite per capire quello che succede in altri ambienti. Il primo ministro David Cameron, dopo gli attentati di Parigi, l’ha detto subito: ci vuole più intelligence, ci vogliono più spie. E ha annunciato che ne verranno assunte presto altre 1.900, con un aumento del 15% rispetto alle risorse umane attualmente disponibili. In tempi di James Bond e di Homeland, ci si aspetterebbe di vedere i ragazzini sgomitare per ottenere un posto, ma stando a quanto raccontano i giornali sembrerebbe di no. Fare l’agente segreto, lavorare per ‘The Circus’, come lo chiamava John Le Carré, non ha più il fascino di un tempo. Non si guadagna abbastanza – 35mila euro lordi all’inizio, 57mila dopo 10 anni – e soprattutto si rischia di dover dire addio alla scintillante Shoreditch per finire nella sonnolenta Cheltenham, 115mila abitanti tra il Gloucestershire e le Cotswolds. Altro che inseguimenti sui treni e donne mozzafiato. Per un esperto di informatica di alto livello, si tratta di una strada infinitamente meno attraente di altre possibili scelte di vita. L’idea è quella di “servire il proprio paese”, e per questo è una delle poche carriere in cui il passaporto conta quanto il talento. Non solo bisogna avere la cittadinanza, ma anche uno dei genitori deve essere britannico e, nel caso di doppia nazionalità, bisogna rinunciare all’altra nel caso si venga assunti. Come ulteriore elemento di fedeltà al Regno Unito, occorre che i candidati dimostrino di aver vissuto continuativamente nel paese per almeno 10 anni e che si sottopongano ad una procedura di controllo approfondita e invasiva che può durare fino a 3 mesi. Oltre ad essere, ovviamente, di comprovata intelligenza. L’intelligence britannica è divisa in tre strutture principali: l’MI5, i servizi di sicurezza nazionale, l’MI6, il servizio di intelligence segreta estera, e il GCHQ, il quartier generale delle comunicazioni del governo, quella con sede a Cheltenham, ma anche a Bude, Scarborough, Harrogate e, per gli amanti delle metropoli o quasi, Manchester. Mentre le prime due sono a Vauxhall, nell’imponente palazzone con i vetri verdi sulle rive del Tamigi che nell’ultimo James Bond ha un ruolo ben più centrale delle due Bond girls, il GCHQ è specializzato nelle intercettazioni e nelle comunicazioni informatiche ed è per questo che punta allo stesso tipo di profili professionali delle start ups tecnologiche di Shoreditch. In un certo senso hanno lo stesso obiettivo: essere sempre all’avanguardia. Se è vero, come dice sempre Le Carré (perdonate la citazione multipla, ma nessuno ha mai ragionato tanto e meglio sull’argomento) che “i servizi segreti sono l’unica misura reale della salute politica delle nazioni, l’unica vera espressione del loro subconscio”, il Regno Unito è in forma, e il suo subconscio continua a ragionare in grande, nonostante la fine dell’impero e, più di recente, le tendenze isolazioniste euroscettiche. Cameron ha dichiarato che fino ad ora grazie all’intelligence sono stati sventati 7 attentati e per far continuare questo lavoro straordinario, che costa al bilancio dello stato poco meno di 2 miliardi di sterline all’anno (somma che negli ultimi anni è stata leggermente ridotta), sono state allocate ulteriori risorse. Il 63% del bilancio va all’antiterrorismo internazionale, che come spiegato dal direttore dell’MI5 Andrew Parker “è una minaccia tridimensionale”, che costringe a lavorare all’estero, nel paese e, sempre di più, online. La guardia è sempre alta, tanto più quando i cittadini britannici andati a combattere in Siria sono 750, di cui il 60% già tornato a casa. Ci vogliono energie nuove. Un aiuto consistente sta venendo dagli hacker di un’unità di elite, la Ghost Security Group, che agisce anonimamente e che ha già intercettato un piano di attentato contro turisti britannici in Tunisia. Nella GSG ci sarebbero anche ex esperti informativi militari, che comunicano con i servizi britannici attraverso le autorità americane. In un’intervista recente, il direttore esecutivo del gruppo, che si fa chiamare ‘DataShadow’, ha spiegato che il gruppo ha le prove che “la pianificazione di Parigi è stata fatta con Telegram’”, un sistema di messaggeria criptata, e ha dichiarato di aver già rimosso 149 siti, 6mila video propagandistici e 110mila profili sui social media dagli attentati di Charlie Hebdo. Tutti legati a Isis. “Una scrivania è un posto pericoloso da cui guardare il mondo”, scriveva Le Carré. Soprattutto se sopra c’è un computer.
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