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di Luca Cifoni

Gli investimenti frenati dai fondi che mancano. E dai nuovi codici

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Giovedì 27 Luglio 2017, 22:49 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 15:43
Sul fatto che in Italia servano più investimenti pubblici sono d'accordo quasi tutti, almeno sulla carta. Gli economisti usano dire che gli investimenti sono "la domanda di oggi e l'offerta di domani" nel senso che all'effetto di stimolo derivante da questo tipo di spesa si aggiunge in seguito un incremento del Pil potenziale grazie alle migliori infrastrutture, materiali o immateriali che siano. Ma cosa è successo in Italia negli ultimi anni? Lo sintetizza in un suo recente rapporto l'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tra il 2010 e il 2014 gli investimenti pubblici sono diminuiti per cinque anni consecutivi, con una riduzione cumulata di circa il 30 per cento rispetto ai livelli del 2009.

Questa tendenza negativa si è poi interrotta e con l'ultima legge di bilancio il governo ha cercato di incrementare il livello della spesa per il triennio 2017-2019, rispetto all'andamento tendenziale. Ma come ha evidenziato recentemente Pier Carlo Padoan, la quantità delle risorse non è l'unico vincolo: «Resta un limite nella capacità di spendere, e di spendere bene, delle pubbliche amministrazioni» ha argomentato il ministro dell'Economia, ricordando anche il caso del nuovo codice degli appalti che paradossalmente è stato nell'ultimo anno uno dei fattori di freno agli investimenti. Concepito con le migliori intenzioni per garantire efficienza e trasparenza, il testo è rimasto impantanato nella fase di attuazione, con decine di decreti da emanare e un ruolo dell'Anac (l'autorità anticorruzione) inedito e non sempre chiaro. Poi nei mesi scorsi è arrivato un provvedimento correttivo che per il ministro dovrebbe «permettere di superare i problemi» e quindi fa sperare «in una ripresa degli investimenti per l'anno in corso».

 
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