Anna Guaita
Quest'America
di Anna Guaita

Trasparenza o privacy? Il dissidio fra Assange e Snowden

di Anna Guaita
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Giovedì 25 Agosto 2016, 21:06
NEW YORK – E’ giusto che sull’altare della trasparenza vengano sacrificati migliaia di individui del tutto innocenti? E’ la domanda che molti stanno ponendo a Julian Assange, il fondatore del sito Wikileaks. E fra coloro che pongono questa domanda c’è l’altro eroe della trasparenza, Edward Snowden. Difatti tra i due è scoppiato un dissidio e Assange ha reagito attaccando il collega con parole offensive.

La polemica sta ribollendo da vari giorni negli Usa, da quando l’agenzia Associated Press ha pubblicato il risultato di uno studio approfondito condotto fra le migliaia di documenti comparsi sul sito di Assange. Ne viene fuori che – contrariamente a quanto Assange aveva fatto nei primi anni – non viene più compiuta un’opera di emendamento dei testi per proteggere la privacy e la sicurezza degli individui. E dunque ecco incartamenti medici con informazioni private, documentazioni di matrimoni e divorzi, pratiche legali, date di nascita, indirizzi, numeri di telefono, una marea di dati che non hanno alcuna utilità nella lotta contro i poteri forti o in favore della trasparenza dei governi, ma che danneggiano la gente comune, e addirittura la espongono al rischio di morte.
 
Dal suo esilio a Mosca, Snowden ha notato che nell’impegno di «democratizzare l’informazione» è sbagliato «provare ostilità verso alcune piccole limature». Assange – che a sua volta da quattro anni è in esilio dentro l’ambasciata dell’Ecuador a Londra – ha risposto sgarbatamente insinuando che Snowden è «un opportunista» e che agisce così perché spera che Hillary Clinton venga eletta e gli conceda «il perdono».
 
In verità, Snowden ha sempre seguito una linea più cauta rispetto ad Assange. Quest’ultimo dichiara che ogni correzione è «una contaminazione», mentre Snowden sostiene che il pubblico mondiale ha diritto a conoscere «le grandi linee della politica dei governi e il loro impatto sulle nostre vite», ma non ha diritto a conoscere «ogni dettaglio» riguardo operazioni segrete e il lavoro dell’intelligence. Difatti, quando nel 2013 ha portato a galla i documenti della Nsa che hanno messo il governo Usa in difficoltà anche con i più fidati alleati, Snowden ha lavorato con alcuni giornalisti che si erano impegnati a proteggere la privacy e la sicurezza degli individui citati.
 
L’inchiesta dell’Associated Press sui metodi di Wikileaks ha rivelato che negli ultimi due anni il sito ha messo in pericolo individui in Turchia e in Arabia Saudita, oltre che a far trapelare informazioni private di cittadini americani. Nel pubblicare masse di documenti del Ministero degli Esteri saudita e centinaia di migliaia di email del partito turco AKP (quello del presidente Recep Tayyip Erdogan), sono state incluse anche pagine di documenti e di mail con indiscrezioni e informazioni assolutamente personali, come i nomi di omosessuali, la verginità o meno di giovani spose, i nomi di vittime di stupro sia maschi che femmine, i nomi dei partner di persone sieropositive, particolari sulle malattie degli impiegati e dei loro familiari, le loro finanze ecc.
 
E nell’ultima mandata, quella di luglio con i documenti del Democratic National Committee, Wikileaks non ha solo dimostrato che il partito aveva una netta preferenza per Hillary Clinton contro Bernie Sanders invece di sforzarsi di rimanere imparziale (come avrebbe dovuto), ma ha anche reso noti i numeri di telefono e il numero della sicurezza sociale degli impiegati. Negli Usa il Social Security Number è simile al nostro codice fiscale, ma è un numero privato, che va protetto a ogni costo perché può essere usato dagli hacker per «rubare l’identità di una persona». 
 
Assange è stato criticato anche da altri suoi ex alleati per questa nuova politica «senza filtro». Lo stesso giornalista Glenn Greenwald, che aveva lavorato con lui dopo che il caporale Bradley Manning gli aveva passato nel 2010 i documenti diplomatici riguardo la guerra in Iraq e Afghanistan, ha detto in un’intervista a Slate che «l’approccio può causare danni a persone innocenti, ed è inaccettabile».
 
Assange non ha risposto alle richieste di chiarimento dell’AP. La professoressa Lisa Lynch, che insegna comunicazioni alla Drew University e ha seguito Wikileaks per anni, spiega: «Per lui il fine giustifica i mezzi».
 
 
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