L’effetto sui conti/ Quanto pesa l’incognita del referendum

di Oscar Giannino
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Domenica 16 Ottobre 2016, 00:11
Il governo ha varato la legge di bilancio 2017, triennale, con il metodo a cui ci ha abituati. Una manovra di 26,5 miliardi dovrebbe essere presentata innanzitutto con tre chiare tabelline.
Tabelline riepilogative delle modifiche in taglio o in aggiunta delle entrate, della spesa pubblica, e delle coperture dei saldi ottenuti dalla somma algebrica delle prime due. Invece no, niente tabelle. Abbiamo le slides con cui il governo comunica le risorse attribuite ai capitoli che considera più significativi. Lungi da noi sottovalutare le esigenze della comunicazione politica. Ma il rigore dei numeri dovrebbe essere anteposto. A maggior ragione quando l'Ufficio Parlamentare del Bilancio ha negato il suo timbro alle ipotesi macro sottostanti alla manovra, considerandole troppo ottimiste.

E' una premessa non tecnica, ma di sostanza. Il consensus internazionale resta inferiore alle stime di crescita dell' 1% di Pil che il governo formula per il 2017, e occorre prevedere l'incertezza aggiuntiva degli effetti su spread e banche in caso di vittoria del no al referendum. E c'è un'altra ipoteca, cui credere solo sulla fiducia. Oltre ad alzare il deficit al 2,3% aumentandolo di mezzo punto di Pil sul previsto, il quadro delle coperture alle nuove spese illustrate ieri è ballerino. Bene infatti i 3,3 miliardi dovuti a risparmi mediante forniture gestite da aste telematiche Consip, e il miliardo e 600 milioni ottenuto riallocando spese previste sin qui in altri fondi: questi 4,9miliardi sono ciò che resta della spending review, e non vanno a diminuzione della spesa bensì a copertura di spesa nuova. Altri 6 miliardi di entrate aggiuntive sono invece una scommessa: 2 miliardi dalla nuova voluntary disclosure e addirittura 4 miliardi dalla promessa abolizione di Equitalia. Nessuno ha finora capito, mancando un testo preciso, con che cosa l'attuale ente di riscossione coattiva verrà davvero sostituito, e in che misura il beneficio complessivo di minori interessi legali, di mora e di aggio a carico del contribuente sia davvero tale da far emergere 4 miliardi di nuove entrate: sono ipotetiche ed è un azzardo metterle dall'inizio a copertura di spesa certa.

Quanto alle priorità di spesa, è una legge di bilancio costruita su due grandi pilastri. Renzi li ha definiti usando due categorie, meriti e bisogni, che rispolverano lo slogan usato da Claudio Martelli alla conferenza nazionale programmatica del Psi a Rimini, nella primavera del 1982. Il pilastro essenziale del merito è quello degli incentivi alle imprese, ed è la parte più innovativa e convincente dell'intera manovra. Il pacchetto di misure per il sostegno all'innovazione Industria 4.0 che si deve a Carlo Calenda e a cui vanno risorse di 1,4 miliardi nel 2017 e 13 miliardi nel triennio, con il superammortamento e l'iperammortamento agli investimenti tecnologici e a quelli nei settori della manifattura avanzata; il calo dell'Ires dal 27,5% al 24% che da sola vale poco meno di 4 miliardi; l'Iri per artigiani e commercianti, che consentirà un aliquota del 24% invece di quella progressiva Irpef per tassare il reddito della microimpresa personale; il rifinanziamento della legge Sabatini e l'aumento della decontribuzione al salario di produttività; l'abbattimento dell'Irpef agricola; l'estensione dei bonus edilizi, dagli immobili privati anche agli alberghi; il regime fiscale agevolato al 24% per le partite Iva free lance; il rifinanziamento di 1 miliardo al Fondo di Garanzia per il credito alle pmi, e via proseguendo. Il fine è di registrare nel 2017 un salto in avanti per recuperare il più possibile di quell'oltre 25% di investimenti persi dal 2008 a oggi. E di rimettere al centro dell'agenda nazionale la produttività, che rispetto ai nostri competitor è stagnante da 20 anni. Doveva essere questa la priorità sin dall'inizio, rispetto ai bonus sin qui elargiti che hanno impegnato 2 punti di Pil di risorse pubbliche, con risultati di crescita e consumi inferiori alle attese.

Quanto ai bisogni, la parte maggioritaria degli stanziamenti è costituita dai 7 miliardi triennali di cui 2 per il 2017 per i prepensionamenti Ape e per l'aumento della quattordicesima, e dai 2 miliardi aggiuntivi al Fondo Sanitario Nazionale. È molto apprezzabile che una parte delle risorse addizionali alla sanità sia volta ai malati oncologici e ai trattamenti molto cari per patologie gravi. Quanto ai prepensionamenti, la scelta del governo per i requisiti contributivi minimi è considerata troppo elevata dal sindacato, e bisognerà vedere se e come verrà modificata soprattutto al Senato, dove la maggioranza ha margini più esigui. Ma già nella formulazione attuale lo Stato, cioè la fiscalità generale versata da tutti i contribuenti, dovrà sborsare una parte dell'anticipo dell'assegno a chi si prepensiona volontariamente, visto che la penalità massima del 4,5% annuo non copre integralmente i costi dell'anticipo bancario e della controassicurazione che le banche dovranno stipulare. Ed è una scelta discutibile, destinare risorse al prepensionamento volontario di chi un lavoro ce l'ha, rispetto alla vera priorità che è quella dei giovani che non ce l'hanno e avranno pensioni che saranno molto più basse. Purtroppo l'aumento di mezzo miliardo del Fondo per la lotta alle povertà è invece rinviato al 2018: anche questa dovrebbe essere una priorità, rispetto ai prepensionamenti.

E' di sicuro apprezzabile invece che nel capitolo dei bisogni si rafforzi con 600 milioni l'impegno a favore delle famiglie. L'esperienza di questi anni ha dimostrato che servirebbe una revisione generale e universale delle detrazioni d'imposta sui redditi, incrociata con i criteri Isee. La strada è invece ancora una volta ma meglio di niente - quella dei bonus: la conferma del bonus bebè e del bonus baby sitter, l'introduzione di un nuovo bonus mamma domani al settimo mese di gravidanza. Mentre è senza dubbio positiva la scelta di un voucher di mille euro per sostenere il costo dell'asilo nido. Come è per Renzi politicamente coraggioso, anche rispetto al suo partito, il pacchetto di misure volto al sostegno delle scuole private, a cominciare da quelle particolarmente impegnate nel sostegno ai disabili. 

Restano, tra le maggiori, due grandi poste. La prima, fondamentale, è quella delle spese per circostanze eccezionali, sottoposte alla valutazione della Commissione Ue: i 4,5 miliardi per la ricostruzione post terremoto, e i 3 miliardi per le spese dovute all'immigrazione. La seconda è quella destinata ai dipendenti statali. 
Del miliardo e 900 milioni al settore, se si escludono le somme per il comparto delle forze dell'ordine e militari e per le nuove assunzioni, per il rinnovo generale dei contratti dei lavoratori pubblici ne resta poco più della metà. Anche su questo bisognerà misurare quanto il Senato darà ascolto alle richieste sindacali di alzare la posta.
Infine, la grande incognita di fondo che grava su questa legge di bilancio è quella ormai nota a tutti: l'esito del referendum del 4 dicembre. Se vince il no, impossibile non immaginare che la manovra, a metà del suo cammino parlamentare, subirà con certezza l'impatto di tutti i rivolgimenti politici e parlamentari che si determineranno per conseguenza.
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