Greenwashing, Cifoni: «Imprese più sostenibili, ma mancano indicatori affidabili»

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Domenica 5 Giugno 2022, 07:02 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 08:37

Il primo a lanciare l'allarme per la finanza green è stato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. «Servono dati e strumenti certi», ha indicato il banchiere in vista della giornata mondiale dell'ambiente. Le grandi aziende, ma ormai pure quelle di dimensioni relativamente più contenute, non possono più fare a meno di preoccuparsi della propria sostenibilità: anche sulla base di queste informazioni sono valutate da investitori e banche, oltre che dal pubblico. Se però esiste (ed è ben noto) il rischio del greenwashing, della spruzzata di verde usata per mascherare comportamenti non particolarmente virtuosi, bisogna allo stesso tempo prendere atto del fatto che gli indicatori a cui si ricorre per quantificare

I progressi delle imprese (ma anche di Stati sovrani o altre organizzazioni) in materia ecologica, sociale e di governance sono tutt' altro che consolidati e affidabili. Di più: possono essere all'apparenza persino contraddittori, nel senso che uno stesso soggetto può ottenere da fornitori di dati punteggi Esg (Environmental, Social and Governance) anche molto diversi.

Perché gli indicatori attuali non sono affidabili 

La difformità dei punteggi va collegata principalmente a due fattori. Da una parte la scelta degli indicatori specifici da usare, dall'altra la difficoltà di costruirli in modo uniforme. Di che indicatori parliamo? In ambito ambientale possono riguardare ad esempio l'incidenza delle emissioni di carbonio (sia in rapporto al fatturato che agli investimenti), l'uso di risorse quali acqua o elettricità, la percentuale di rifiuti riciclati.
A livello sociale si può tenere d'occhio l'occupazione femminile o la sicurezza sul lavoro, mentre sul fronte della governance risultano rilevanti parametri quali la presenza di politiche anti-corruzione o la quota di consiglieri indipendenti.

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