Delitto dopo la scarcerazione,
il Cms chiude il caso

Delitto dopo la scarcerazione, il Cms chiude il caso
di PIERFEDERICO PERNARELLA
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Giovedì 12 Ottobre 2017, 15:33
«Nessuna censura può muoversi al magistrato, dovendosi ritenere il tragico epilogo della vicenda determinato da circostanze del tutto estranee e comunque indipendenti dall'esito del procedimento penale in materia di stupefacenti che aveva coinvolto il giorno stesso l'indagato». Con questa motivazione il Consiglio superiore della magistratura, all'unanimità, ha archiviato il procedimento a carico del giudice del Tribunale di Roma, Chiara Riva, che rimise in libertà Mario Castagnacci tratto in arresto per droga e poi coinvolto nell'omicidio di Emanuele Morganti. Delitto per il quale ora il giovane si trova in carcere. La notizia della scarcerazione suscitò parecchio clamore e su richiesta del membro laico Pierantonio Zanettini (Forza Italia), il caso finì davanti al ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Csm.
LA NOTTE PRIMA
Il caso contestato riguardava l'arresto avvenuto la notte prima dei fatti di sangue ad Alatri. Giovedì 23 marzo, Roma, quartiere Pigneto. Verso sera i carabinieri bussano alla porta dell'abitazione che Castagnacci condivideva con altri due ragazzi di Alatri e una giovane toscana. Nel corso della perquisizione spuntano fuori 20 grammi di cocaina (pura al 96%), 300 grammi di hashish, 100 grammi di marijuana e 129 grammi di crack. I giovani vengono arrestati. Il giorno dopo, venerdì, compaiono davanti al gip per la convalida. Il pubblico ministero, un non togato, non chiede il mantenimento dell'arresto. La difesa sostiene che la droga era per il consumo di gruppo. Il gip non può fare altro che convalidare l'arresto e rimettere in libertà i quattro giovani. Castagnacci fa ritorno ad Alatri, la sera si reca al Mirò Club e poi nella notte, intorno alle 2:30, succedono i fatti di sangue per i quali lui è uno dei principali accusati.
Oltre all'assenza di correlazione tra la scarcerazione e l'omicidio, il Csm ha motivato l'archiviazione anche sottolineando che «il Consiglio Superiore della Magistratura non puo valutare il merito dei provvedimenti giurisdizionali pronunciati dai magistrati che sono soggetti, come qualunque altro cittadino nel caso in cui violi la legge, al giudice ordinario civile e penale».
INDAGINI ALLE BATTUTE FINALI
Nel frattempo, sull'omicidio Morganti, si attendono novità anche dal fronte investigativo. Dopo gli interrogatori svolti nei giorni scorsi, i carabinieri starebbero lavorando sull'ultima e definitiva informativa sulla quale poi il pool di magistrati che ha coordinato l'inchiesta - il procuratore Giuseppe De Falco e i sostituti Vittorio Misiti e Adolfo Coletta - prepareranno l'atto finale, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Un passaggio delicato che rappresenta la sintesi del complesso e articolato lavoro investigativo svolto in questi mesi: interrogatori, accertamenti tecnici, ricostruzioni video, approfondimenti scientifici e altre piste investigative, sulle quali per ora c'è il massimo riserbo istruttorio e i cui esiti potranno essere resi noti soltanto in sede di conclusione delle indagini.
Uno dei punti fermi dell'inchiesta è la perizia medico legale dalla quale è emerso che la lesione fatale, cioè la frattura delle ossa del cranio più grave che ha causato la gravissima emorragia cerebrale, è stata provocata dall'urto contro l'auto parcheggiata in via Regina Margherita. Il consulente dell'accusa non esclude, ma soltanto in via teorica, che la frattura possa essere compatibile con un oggetto contundente, un bastone o un manganello sfollagente, che però non sono mai stati trovati.