«Senza guardie mediche file ai pronto soccorso anche durante la notte»

«Senza guardie mediche file ai pronto soccorso anche durante la notte»
di Carla Massi
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Lunedì 9 Maggio 2016, 08:30 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 22:29

«La cancellazione delle guardie mediche notturne porterà nei pronto soccorso i pazienti con i dolori addominali da banale indigestione, quelli che hanno bisogno di una ricetta per farmaco di emergenza fino ai bronchiti cronici con una crisi risolvibile anche a casa. E sarà il caos».

Filippo Giannobile è una delle 16.500 guardie mediche. Quelle che vengono chiamate, di giorno come di notte, per consulenze telefoniche e, nei casi gravi, per visite a domicilio. Lavora nella provincia di Palermo. In una zona in cui, da ogni comune, tocca fare almeno trenta chilometri per arrivare all'ospedale. La presenza notturna, oggi, fa da filtro evitando l'afflusso continuo al pronto soccorso. Sia per gli adulti che per i bambini.

GLI AMBULATORI
Giannobile è uno di quei camici bianchi che dopodomani, mercoledì, protesterà a Roma, davanti Montecitorio, contro la decisione di abolire questo servizio notturno (tre milioni le chiamate l'anno alla guardia medica) allungando, fino a mezzanotte, l'apertura degli studi dei medici di famiglia. La nuova organizzazione è inserita nel rinnovo della convezione tra il servizio sanitario e i dottori di base. Con il sì del governo e delle Regioni.

L'ASSISTENZA
«Gli studi chiuderanno a mezzanotte e, da allora, alle otto del mattino che cosa accadrà? Noi, pur tra mille difficoltà - aggiunge Giannobile - con la nostra assistenza alleggeriamo l'ospedale. Evitando, come accade da me, che l'unica ambulanza della zona vada a soccorrere chi ha un mal di stomaco da abbuffata mentre un altro paziente chiama per un dolore al petto che potrebbe essere un infarto. Per non parlare dei bambini. I genitori, senza un'assistenza intermedia, li porteranno tutti in ospedale».
 
Con i medici e le associazioni di consumatori, mercoledì davanti Montecitorio, ci sarà anche la presidente Anci piccoli Comuni. Quelli che potrebbero soffrire di più delle novità. Con uno spot il Sindacato dei medici italiani lancia un appello a Matteo Renzi: «Non spegnere le luci sull'assistenza notturna».

Che, come indica la Regione Lazio «può prescrivere farmaci, ma solo quelli indicati per terapie d'urgenza nella quantità sufficiente a coprire un ciclo di terapia massimo di tre giorni; può rilasciare certificati di malattia, ma solo in casi di necessità e per un periodo massimo di tre giorni; può proporre il ricovero ospedaliero».

LE AMBULANZE
Perno del nuovo sistema saranno le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft): serviranno un bacino di utenza massima di 30mila abitanti «senza determinare - si legge nell'accordo - ulteriori incrementi di costo, fermo restando le esigenze legate alle aree ad alta densità abitativa». Le Aft saranno composte, oltre che dai medici di base, dai camici bianchi della guardia medica.

«In molte zone le ambulanze ora a disposizione hanno a bordo solo l'autista e il soccorritore - spiega ancora Giannobile - Non sono poche le guardie mediche che, temendo una situazione complicata, salgono a bordo pur non essendo legittimato a farlo».

Alcuni sindaci hanno già iniziato ad alzare la voce. Soprattutto quelli montani e nelle aree interne come la Sila.
«Chiudere questi sportelli significa abbandonare i cittadini a se stessi lasciando le nostre comunità senza alcuna presenza del servizio sanitario» denuncia il primo cittadino di Campana, nel Cosentino, Agostino Chiarello.

Che ha invitato la cittadinanza ad aderire alla raccolta firme per impedire la sospensione di questo servizio.

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