Videogame, da Horizon a Zelda: quel richiamo irresistibile della natura selvaggia

Horizon Zero Dawn
di Andrea Andrei
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Lunedì 6 Marzo 2017, 19:15 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 13:02

Quando una società oltrepassa i limiti, non si può far altro che ricominciare da zero. Quando tutto diventa virtuale, il richiamo della natura si fa più forte. E quando la realtà non ci piace, quello di cui abbiamo bisogno è una bella favola. Mai come in questo momento i videogiochi intercettano e rispecchiano quelli che sono i sentimenti comuni, le preoccupazioni per il futuro, le angosce della società dei nostri giorni. Il tutto, seguendo un unico fil rouge: la natura selvaggia, le origini, una dimensione più autentica. Le ultime novità videoludiche sono infatti lo spunto perfetto non solo per interrogarsi su alcune delle questioni più delicate dell'attualità, ma anche la dimostrazione del piglio con cui l'industria culturale (di cui oggi i videogame fanno parte a tutti gli effetti) affronta queste tematiche.
 

 

HORIZON
E nel caso di “Horizon Zero Dawn”, esclusiva Sony per PlayStation 4 sviluppata dal team olandese di Guerrilla Games (già famoso per aver creato la saga post-apocalittica di Killzone) lo fa in maniera raffinata e intelligente, ma soprattutto coraggiosa. L'avventura di Horizon si svolge in un'ambientazione che è a tutti gli effetti preistorica. Solo che ben presto si scopre che quel mondo, in cui gli uomini sono organizzati secondo severe leggi tribali, in cui si vive a stretto contatto con la natura (spesso lottando contro di essa) e gli oggetti e le armi sono rudimentali, è in realtà una “post-storia”, cioè quel che rimane dopo lo sfacelo di una società estremamente tecnologica e avanzata. Il videogioco suggerisce anche la data della catastrofe (per nulla lontana dalla nostra): il 2066. La traccia più evidente di quel passato, oltre a strutture metalliche fatiscenti sparse fra le montagne e ormai completamente riconquistate dalla natura, sono le “macchine”, bestie fatte di acciaio e circuiti che si muovono e si comportano esattamente come animali, spesso feroci e pericolosi.

L'uomo deve così difendersi dalla sua stessa eredità, senza però comprenderla. E tutti gli atteggiamenti, i ragionamenti, le divisioni sociali, politiche e religiose di quella “nuova” società fanno stringere il cuore. Horizon tocca infatti degli argomenti tremendamente attuali ed estremamente scottanti: nella società “post-storica” c'è una tribù, i Nora (quella della protagonista, Aloy), chiusa e diffidente verso gli stranieri, profondamente religiosa ma anche bigotta, in cui la tradizione e il culto pagano hanno un ruolo di primissimo piano. Ce n'è poi un'altra, quella dei Carja, più sviluppati e progressisti: non hanno villaggi con tende e capanne, ma grandi città con alti palazzi. Il problema è che, sentendosi superiori alle altre tribù, i Carja non hanno esitato a schiavizzarle e ad invaderne i territori (ogni riferimento agli Stati Uniti è puramente casuale). Insomma, Horizon è un viaggio in quello che siamo e che potremmo diventare, ci permette di toccare con mano (anzi, con gamepad) le conseguenze degli errori che ci ostiniamo a commettere. Un viaggio in cui però il panorama è davvero mozzafiato, tanto sono spettacolari i paesaggi nei quali ci si può muovere.

WALDEN
Anche se molto meno complesso, e potendo contare su un budget molto più ridotto, a un concetto simile si rifa “Walden, a game”. Si tratta di un videogioco ispirato alla “Vita nei boschi” di Henry David Thoreau, il filosofo che dal 1845 al 1847 visse a stretto contatto con la natura sulle sponde del lago Walden, in Massachusetts, per sperimentare un'esistenza al di fuori della società. Sviluppato da un team guidato da Tracy J. Fullerton, direttrice del Game Innovation Lab alla University of Southern California School of Cinematic Arts, il videogame fa rivivere agli utenti quell'esperienza, fatta solo di contemplazione e di attività finalizzate alla sopravvivenza, come la pesca o la costruzione di una capanna di legno.

ZELDA
E con la vita nei boschi ha a che fare anche la novità videoludica più attesa degli ultimi giorni. Solo che in questo caso dal mondo della filosofia passiamo a quello delle fiabe. Il 3 marzo è infatti uscita Nintendo Switch, la nuova console della casa nipponica (primo esempio di piattaforma fissa e portatile allo stesso tempo – la console consiste in una sorta di tablet che può essere collegato alla tv e utilizzato con dei piccoli controller che riproducono i movimenti oppure portato fuori casa –) con il suo titolo di lancio: “The Legend of Zelda: Breath of the Wild”, 18esimo capitolo della celeberrima saga fantasy che catapulta i giocatori in un mondo incantato e completamente esplorabile. Zelda ha tutti gli ingredienti per riconquistare gli appassionati e anche per accaparrarsene di nuovi, grazie alle bellissime ambientazioni, alla notevole colonna sonora e alla giocabilità che l'ha reso un grande classico dei videogame.

GHOST RECON WILDLANDS
Ma torniamo alle distopie. Perché di un futuro oscuro e di un argomento delicato parla anche “Tom Clancy's Ghost Recon Wildlands”, titolo della francese Ubisoft in uscita domani, che immagina una Bolivia completamente soggiogata al narcotraffico e ai cartelli e dilaniata da indicibili scontri e violenze, nelle quali il giocatore viene proiettato in maniera estremamente realistica. Tanto realistica che il gioco ha quasi creato una crisi diplomatica: il ministro degli Interni boliviano Carlos Romero ha infatti inviato una lettera all'ambasciatore francese lamentandosi perché il videogame dà un'immagine negativa del proprio Paese. Insomma, c'è poco da giocare.

andrea.andrei@ilmessaggero.it
Twitter: @andreaandrei_

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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